Eravamo soli di Fulvio Di Sigismondo, Altrevoci Perugia, 2020

di Fabio Bianchi

 

Nel romanzo, scritto dal ligure Fulvio di Sigismondo, si nota da subito il suo sensibile, per nulla fatalistico, ma competente approccio alle tematiche in ambito socioeducativo, in quanto, occupandosi di politiche giovanili, progettazione, organizzazione e gestione di servizi, non ne è a digiuno.

Attraverso i capitoli, scoprendo le caratteristiche, linguaggio e ambientazione dei personaggi da lui proposti, si comprende da subito e si apprezza la schiettezza delle tematiche trattate.

Si evidenziano, attraverso il vissuto di tre giovani adolescenti e di un anziano ex partigiano, temi di denuncia ed allarme sociale, in cui basta poco ad andare in crisi, facendosi fagocitare nella profonda solitudine e nella disillusione annichilente di attendersi un domani appagante.

Si tratta di un’opera di estrema attualità, che invita a riflettere sulla condizione di chi mostra quella forma di irrequietezza causata da un futuro incerto e per nulla rassicurante.

Il libro considera il fenomeno dell’adolescenza come età delicata, di passaggio e sviluppo, da trattare ora più che mai, con estrema strategia ed attenzione.

Abilmente l’autore narrando le vicissitudini dei personaggi, riesce a far emergere una velata ma decisiva presa in carico del fenomeno dell’incertezza, innescando una affettuosa comprensione nei confronti di coloro che potrebbero essere vittime di stravolgimenti relazionali.

Nel romanzo, appaiono in filigrana, le radici di una insofferenza generalizzata verso l’attesa del nuovo o dell’insperato/sperato cambiamento, unito all’egoistico ripiegamento interiore del mondo. In questo contesto, non sempre è pronto l’appoggio/sostegno della società civile.

L’autore, con una strategica abilità psicopedagogica e attraverso i suoi reali personaggi riesce a trasmettere al lettore le sue competenti impressioni.

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