Dolce di sale di Antonella Caggiano, Costa edizioni, 2022

di Dante Maffia

 

La poesia che si concretizza in questo bellissimo libro è frutto di accensioni coinvolgenti, di momenti coagulati nella parola per fermare il senso vero d’un cammino che sempre più va verso le vette.

Lo affermo senza mezzi termini, la Caggiano ha doti eccellenti, sensibilità grande, cultura viva e palpitante e anche l’esperienza giusta per poter affidare la sua anima al canto, al dettato di versi che sono alito fremente di approdi di verità.

“Non permettere a nessuno / di rendere il tuo cuore / un luogo disabitato”. Credo sia questa la sintesi ideale del libro che rileggendolo mi ha svelato sfumature che in realtà tali non sono, perché sono le pieghe di momenti essenziali del rapporto col mondo, con sé stessa e con il senso della vita.

La Caggiano ha il dono della semplicità, il saper dire senza ricorrere ad espedienti linguistici che spesso oscurano il dettato della poesia odierna. Lei ha il mare dentro e dalle onde di questo mare interiore raccoglie i sussurri e le risonanze, le emozioni e i progetti e li rappresenta con la parola più appropriata, consapevole che la scrittura non è una casualità. Aveva ragione Giuseppe Ungaretti quando, leggendo “L’infinito” di Giacomo Leopardi, dimostrò che se il poeta avesse scritto “Quest’ermo colle mi fu sempre caro” invece di “Sempre caro mi fu quest’ermo colle” ci avrebbe offerto una banalità anziché una stilettata poetica. Siamo al cospetto di una poetessa che possiede gli strumenti necessari per esprimersi al meglio e la dimostrazione la dà composizione dopo composizione. Per esempio:

“Attenzione a come mi guardi / potrei andare in frantumi. / Parla sottovoce ché l’anima / ha pelle di acqua / scivola / senza ricordo. / Non toccarmi così, / di fretta / con ancora tutti i pensieri freddi / nelle dita. / Scola l’umido del giorno andato / fatti maglione e / neve dei bambini / fatti terra con me / fammi bocca per baciarti / cuccia dove nascondo il tempo, /se non ci sei”.

Ciò che mi ha affascinato maggiormente della poesia di Antonella Caggiano è la sua perizia, mai artificiosa o di maniera, di aver saputo amalgamare nel suo percorso la vita quotidiana, nei suoi vari aspetti, e il lirismo dolce, delicato, ma fermo e deciso, spesso illuminante, con metafore ben dosate, ricche e inedite.

Io la poesia la intendo così, libera da suggestioni estremamente legate alla filologia. Non dimentico mai quel che Tommaso Campanella diceva dei filologi: appena ne incontrate uno, ammazzatelo subito. La poesia dev’essere dolce di sale, come si dice nel Regno delle due Sicilie, e calda come il pane appena sfornato. Antonella Caggiano ci ha regalato versi dolci di sale e caldi come il pane e perciò è refrigerante nuotare nel suo mare interiore, nella forza delicata del suo viaggio.

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