La scuola luogo d’incontro di anima e carne
di Italo Spada
Sarà perché si è costretti a vivere per molto tempo a stretto contatto di gomito con persone della stessa età, sarà perché adolescenza e gioventù portano naturalmente e spontaneamente ad aprirsi agli altri, il fatto è che in nessun altro posto come nella scuola nascono e si sviluppano sentimenti di affetto, di amicizia, di amore. E sono sentimenti che si trascinano anche oltre il tempo scolastico, restando tra i ricordi più teneri e più belli della vita. Spesso diventano storie e il cinema le fa proprie.
Esaminandone alcune, appare chiaro come, almeno nell’ambiente scolastico e tra i ragazzi, “l’amicizia sa prescindere dalla differenza di classe, di nazionalità, di costume.” (Lino Lionello Ghirardini, Storia Generale del Cinema, Vol. 2, Ellemme Ed.)
In Amici per la pelle (1955), Franco Rossi racconta la storia di Mario e Franco, che frequentano la stessa classe e che, un giorno, bisticciano e vengono mandati fuori dell’aula dal professore. L’episodio, invece di dividerli, li fa diventare amici. Fatta la reciproca conoscenza dei rispettivi genitori, i due ragazzi si frequentano assiduamente, studiano insieme, si bisticciano, fanno la pace e si confidano piccoli segreti. Un giorno, tuttavia, il padre di Franco, un diplomatico, deve trasferirsi e i due ragazzi rischiano di dividersi per sempre. Mario e la sua famiglia si offrono di tenere Franco con loro e il diplomatico accetta. In previsione della corsa campestre tra studenti di tutte le scuole, i ragazzi si allenano insieme e partecipano alla gara con buone probabilità di vittoria. Franco vince la gara e Mario si sente umiliato e preso in giro dagli altri compagni. La sua “vendetta” non si fa attendere: inventa che Franco non ha rispettato i patti e rivela a tutti un segreto confidatogli dall’amico. Franco giudica sleale il comportamento di Mario e decide di raggiungere il padre. Mario, allora, si pente del suo gesto e, dopo averlo raggiunto all’aeroporto, lo prega di rimanere con lui. E’ ormai troppo tardi per tornare sui propri passi. Franco parte, ma rassicura Mario: gli resterà amico per sempre.
Legata ad uno dei problemi sociali più sentiti in America negli anni Sessanta, il razzismo, è, invece, la storia narrata da Daryl Duke in Scarpe da tennis (Hard Feelings) del 1981. Qui, “un adolescente con vari problemi a scuola e in famiglia trova sostegno nell’amicizia di una vivace ragazzina di colore.” (Dizionario dei Film, a cura di Paolo Mereghetti, Baldini & Castoldi)
Sentimentale, ma con problemi esistenziali e sociali più marcati, è la vicenda narrata da André Téchiné nel suo bel film L’età acerba (Les roseaux sauvages) del 1994. “Siamo in provincia, vicino a Tolosa, nel ’61 o ’62, mentre oltremare l’Algeria si muove e fa tremare la Francia. Quattro ragazzi crescono, quattro solitudini si confrontano: Maité è figlia di un insegnante comunista che si pentirà per tutta la vita di non aver aiutato a disertare il fratello di Serge, che muore in Algeria; Serge, contadino, è innamorato di Maité, mentre di lui è preso Francois, il migliore amico di Maité; Henri, il cattivo, il cinico della scuola e il più anziano (ha già vent’anni), è un mezzo fascista, un pied-noir che ha visto suo padre morto, laggiù per mano algerina. Il tragico della vita, diceva Jean Renoir ne La regola del gioco, è che tutti hanno le loro ragioni. Téchiné le rispetta, ma con empito adolescenziale, e raccontando la solitudine e la fatica del crescere vuole che esse si confrontino e interagiscano, che alla fine ciascuno arrivi a capire le ragioni degli altri. La solitudine resta, l’amore tra la scontrosa ragazza di sinistra e il ragazzo di destra si rivela e realizza ma non può avere futuro. Francois si accetta ma non avrà l’amore di Serge che non avrà l’amore di Maité, ma i tre si capiscono, si vogliono bene, si vorranno bene.” (G. Fofi in Panorama, 14/ 9/ ’95)
L’amicizia tra ragazzi di diverso sesso, a scuola come nella vita, si trasforma spesso in amore. Allora, le storie si complicano ed “escono” dalle mura scolastiche per coinvolgere altre istituzioni – la famiglia, la società, la religione, lo stato – e diventare commedie o drammi, avventure dal finale lieto o dalla conclusione tragica.
La serie degli amori scolastici dalla conclusione positiva è decisamente più lunga e va dal “tutto normale, dolce e delicato” di Pronto… c’è una certa Giuliana per te (1967), dove Massimo Franciosa descrive un affetto semplice e sincero tra compagni di classe, al “ridiamoci sopra” dei due film speculari di Mario Mattoli – Ore 9: lezione di chimica (1941) e Le diciottenni (1955) – dove le gelosie delle alunne di un collegio femminile che si contendono le attenzioni e l’amore di un professore sono argomento di garbata commedia.
Anche Vittorio De Sica in Maddalena zero in condotta (1940) aveva optato per una soluzione positiva dell’intrigo amoroso, ma c’è nella sua storia una tiratina di orecchie all’alunna maliziosa che gioca sulla solitudine affettiva della sua professoressa e, coinvolgendola nella serie di equivoci da lei provocata, la “punisce” rendendola vittima dei “colpi di fulmine” dell’amore.
Più lugubre è il clima che si respira in Giulietta, Romeo e le tenebre (Romeo, Juliet a tma), un film realizzato in Cecoslovacchia nel 1959. Qui Jiri Weiss, rifacendosi a Shakespeare, rende il nazismo e l’ottusità di una famiglia piccolo borghese responsabili della tragica fine di un amore giudicato impossibile tra uno studente di Praga e una ragazza ebrea.
L’amore, incurante di ruoli e titoli, non risparmia i docenti. Molte le sue vittime illustri, a partire dal famoso professor Rath de L’angelo azzurro (Der blaue Angel) (1930) di Josef von Sternberg, il quale, per controllare il comportamento di alcuni suoi alunni, si imbatte in Lola Frolich, una conturbante, sensuale e cinica cantante di cabaret che si esibisce nel malfamato locale “L’angelo azzurro”. La donna capisce che, dietro quel docente severo, si nasconde un uomo ingenuo e lo fa perdutamente innamorare di sè. Rath lascia il posto di lavoro e sposa Lola, ma si avvia verso la sua rovina: perde la dignità e il posto di lavoro, accetta di fare il clown e muore di vergogna senza essere riuscito a scalfire l’enigmatica indifferenza dell’attrice.
Se ne L’angelo azzurro il docente (che gli alunni, storpiandone il nome, chiamano “Unrat” = spazzatura), nonostante i suoi principi morali e la sua cultura, cede al fascino della donna ammaliatrice e riscatta solo alla fine con la sua morte in cattedra l’errore commesso e il tradimento di un lavoro amato e mai completamente rifiutato, in Seconda B (1934) di Goffredo Alessandrini “la scuola diventa un luogo di conflitto tra una società fondata su principi educativi autoritari, di descrizione ottocentesca e una diversa morale dei giovani e soprattutto dei personaggi femminili, che prendono coscienza del proprio fascino, del potere del proprio corpo, e lo usano come arma per controbattere e tentare di disgregare le forme di repressione del sistema scolastico.” (Gian Piero Brunetta, Storia del cinema italiano 1895-1945, p. 484, Editori Riuniti)
La vicenda è di quelle che piacevano all’Italia piccolo-borghese degli inizi del secolo. Un professore non più giovane si innamora (ricambiato) di una collega nubile. Il loro timido e romantico idillio, però, viene notato dalle alunne e un’impertinente ragazza borghese, figlia di un importante uomo politico, si diverte a fare da terzo incomodo. Sfruttando la sua civetteria e ricorrendo a piccole astuzie femminili, la giovane attira l’ingenuo professore nella trappola dell’amore, fino a suscitare nella professoressa naturali reazioni di gelosia. Solo quando il gioco si fa pericoloso per tutti, la ragazza capisce di avere esagerato con i suoi capricci calpestando i sentimenti degli altri e si fa da parte lasciando campo libero alla “rivale”.
Seconda B, con tutti i suoi stereotipi e le sue ingenuità, inaugura un genere che sarà ripreso da altri registi negli anni successivi: quello delle “storie d’amore nella scuola”. Da Pensaci Giacomino! (1936) di Gennaro Righelli ai già ricordati Ore 9: lezione di chimica di Mattoli e Maddalena zero in condotta di De Sica, da Il birichino di papà (1943) di Matarazzo a Gian Burrasca (1942) di Tofano, infatti, il cinema produrrà tutta una serie di commedie rosa sulla scuola dal finale rassicurante e prevedibile. I docenti non vengono rappresentati soltanto nei loro “classici” atteggiamenti (burberi e paterni, infantili e spocchiosi, temibili e ridicolizzati), ma vengono visti anche come “persone normali”, in cerca di amore; e se questo amore, poi, lo trovano a due passi dalla cattedra… tanto meglio!
Non si tratta, tuttavia, sempre e solo di amori tranquilli; pertanto, se nei film degli anni Cinquanta la non realizzazione dei sogni strappa ancora sorrisetti e piccoli dispiaceri, a partire dagli anni Settanta, ogni volta che le storie d’amore si complicano, fanno capolino le ansie, il pessimismo e la disperazione.
E così, mentre ne L’uomo la bestia e la virtù (1953) di Steno il pirandelliano professor Paolino rischia una paternità non voluta e ingombrante, ma finisce col sorridere alla vita e in Scuola elementare (1954) di Alberto Lattuada un maestro, innamorato di una collega che vuol fare la fotomodella, viene piantato in asso, ma si consola mettendosi in società con un bidello, a partire da Morire d’amore (Mourir d’aimer) (1970) di André Cayatte le cose si complicano. Qui, infatti, Danièle, professoressa di lingue, non accettando che la fine della sua storia d’amore con un allievo venga decretata da un ambiente beghino che tarda a svegliarsi nonostante il vento del Sessantotto, dai colleghi puritani e falsi e dai genitori del ragazzo (che lo fanno passare per pazzo e lo rinchiudono in un manicomio), in preda allo sconforto, spalanca la finestra di casa e si suicida.
Saranno molti i “colleghi” di Danièle a sperimentare in prima persona la difficoltà di vivere i sogni d’amore nati a scuola.
Contrastato – dalla madre di lei, dall’amante di lei e dall’amante di lui – è l’amore del giovane supplente di lettere che si innamora della più bella delle sue allieve ne La prima notte di quiete (1972) di Valerio Zurlini.
Ne La cosa buffa (1973) di Aldo Lado un giovane insegnante di provincia capisce quanto sia difficile portare avanti un rapporto d’amore se la ragazza che ama è la figlia di un ricco industriale.
In Amore e ginnastica (1973) di Luigi Filippo D’Amico un ex seminarista si innamora della sua insegnante di ginnastica e per conquistarla sfida a duello un rivale.
In Solo per il tuo amore – L’uomo in verde (Reifezeugnis) (1976) di Wolfgang Petersen un professore si innamora di una liceale, ma deve subire (più lei che lui) il ricatto di uno studente che ha scoperto la tresca.
In In amore si cambia (A Change of Seasons) (1980) di Richard Lang, infine, la relazione di un professore con una studentessa provoca la “vendetta” della moglie che, dopo aver sedotto un giovanotto, organizza un imbarazzante e complicato week-end a quattro.
Trattazione a parte meritano (si fa per dire) alcuni film che sfruttano i primi approcci degli alunni con il sesso, facendo della scuola un luogo di devianza e di morbosità.
La sedicenne benestante che ne I dolci inganni (1960) di Alberto Lattuada passa dalle confidenze con le compagne all’amicizia di un ragazzo e alla sua prima esperienza sessuale con un maturo architetto rientra, ancora, nella normalità; ma c’è già del paranoico nel professore sporcaccione e feticista che in Controsesso (1964) (episodio Il professore diretto da Marco Ferreri) non permette alle sue alunne di uscire durante le lezioni per deliziarsi con i rumori che provengono dal gabinetto che ha fatto installare nell’aula.
In Ore 10: lezione di sesso (Guess What We Learned in School Today), un film del 1970 di John Avildsen, un’insegnante spregiudicata sconvolge i tabù di un’intera famiglia conservatrice e dà inizio a un filone di film di provocazione e/o di contestazione che da Porci con le ali (1977) di Paolo Pietrangeli arriva fino a Class (1983) di Lewis John Carlino e a Creature del cielo (Heavenly Creatures) (1994) di Peter Jackson. Il sesso a scuola non tarda ad originare prodotti “spazzatura”, per lo più tutti italiani, che – in attesa dell’invasione delle cassette porno – utilizzano, per la gioia di militari in libera uscita e per il trastullo di uomini soli, le forme di Edwige Fenech, Carmen Villani, Gloria Guida e Serena Grandi e la comicità da avanspettacolo di Alvaro Vitali, Renzo Montagnani e Lino Banfi.
Appartengono a questa “serie” – ma l’elenco completo è ben più lungo di quanto non si immagini – L’insegnante (1975) di Nando Cicero, La supplente (1975) di Guido Leoni, La professoressa di lingue (1976) di Danilo Dani, La professoressa di scienze naturali (1976) e L’insegnante al mare con tutta la classe (1980) di Michele Massimo Tarantini, , L’insegnante va in collegio (1978), La liceale nella classe dei ripetenti (1978) e Pierino torna a scuola (1990) di Mariano Laurenti, La liceale al mare con l’amica di papà (1980) e Pierino contro tutti (1981) di Marino Girolami, L’insegnante di violoncello (1989) di Lorenzo Onorati.
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