di Claudia Zuccarini Dottore in Scienze dei Beni Archivistici e Librari, Paolo Amoruso è un autore che, pur giovane, ha già manifestato il suo talento con varie sillogi pubblicate: Piccole storie indaco (2011), Aldebaran (2013), Madeleine (con M.G. Vai, 2014). Marmotte domestiche è la sua quarta opera, caratterizzata da un timbro stilistico originale, nuovo e peculiare. I versi si snodano come serpenti sinuosi, che penetrano nell’intimità non solo dell’autore ma anche del lettore. Ci troviamo di fronte ad un “poema eroico” moderno, di resistenza emotiva e mutamento, una crescita forgiata come un flusso di coscienza. Si giunge al nucleo, all’essenza dell’umano, il sentire viene scarnificato fino alle soglie del buio per poi riemergere. La famiglia e gli affetti vengono scandagliati con delicata sensibilità e si riverberano nei mirabili passi in corsivo, che apportano respiro al torrente emotivo. L’attenzione verso i dettagli indagati e la musicalità, generata da assonanze e allitterazioni, ci conducono in una sorta di trance e l’incipit privato funge solo da pretesto per generare l’immersione in un io collettivo. È una lettura non semplice eppure essenziale, con biforcazioni, rivoli e cascate che confluiscono nell’unica foce del fiume: la vita.
Bisogna abbandonare la visione classica della poesia e accostarsi ad una narrazione lirica ininterrotta, spaziata solo da capoversi e capitoli concettualmente legati tra loro. La scelta di elidere la punteggiatura non compromette la lettura di senso, concedendo anzi al lettore la libertà di attribuire significati multipli con ritmi soggettivi e personali.
L’autore, come un prestigiatore attento a non rompere la magia ipnotica, cura e accosta vocaboli in modo non casuale.
È una scrittura contemporanea e brillante quella di Amoruso, supportata dall’elevata competenza della parola, una scrittura che vale la pena degustare piano, come un buon calice di vino. “(…) ogni notte vi alzerete da un letto che non è vostro
ballerete per tutta la casa come non esistesse
la parola spazio come non aveste arti
ma solo note musicali da benedire con gli urti
difatti vi spezzerete nello specchio e vedrete
una matrioska in fondo all’autostrada
ricoperta di santini invocati per trovare un senso
dalla libertà anima folle che accelera il tempo
andando senza meta esatta a morire sui sorrisi
visi più alti della vita (…)” “(…) Allora restami accanto
vietami di pronunciare domande
alle mani vieta la paura
aiutale aiutami a togliere i chiavistelli
fermati agli occhi
proprio lì dove hai urlato
pur avendo dimenticato il verbo
e lasciami entrare
per il solo senso di esistere interamente
che di me non debba restare fuori neppure la consapevolezza
di un errore (…)”