Exif_JPEG_420Primum vivere: L’appello alla resistenza della Nemirovsky
di Gemma Acri Guido
Settimana di operazioni pre scrutinio, quella che termina oggi, impossibile incastrare la disamina di una nuova uscita: ho cominciato due libri molto lunghi, li ho lasciati entrambi alla trentesima pagina e sul divano, il PC mi ricordava quanto avessi da fare! Avevo pensato di saltare una domenica di consigli, poi ho “tirato fuori dal cassetto” la Némirovsky, una delle autrici di cui ritengo si debba leggere più di un’opera e la cui vita è essa stessa un romanzo (redatto dalla seconda figlia, “Mirador”, Fazi).
Irène Némirovsky nasce a Kiev nel 1903 e muore ad Auschwitz nel 1942. Questi pochi dati danno già l’idea della sua breve e tragica esistenza. Appartenente a una famiglia ebraica dell’alta borghesia, a 3 anni si salva da un pogrom grazie alla cuoca che le mette al collo una croce ortodossa e la nasconde dietro un letto. Zaristi, i genitori devono emigrare prima in Finlandia e dopo in Francia allo scoppio della rivoluzione russa: l’assente padre Léon si occupa dei suoi affari (“David Golder”), la severa e anafettiva madre Fanny di mantenersi bella per corteggiatori e amanti (“Il ballo”), la bambina, sola con l’adorata tata, impara prima il francese del russo (e poi altre cinque lingue) e si dedica a letture precocissime. In seguito a uno stupro, raccontato nel “Vino della solitudine”, matura seri pensieri di suicidio, tuttavia, dopo anni di vita sregolata, nel 1924 si laurea alla Sorbona, pubblica la prima opera e incontra l’uomo con cui starà insieme sino al fatale rastrellamento, Michel Epstein. Si sposano, vanno ad abitare in una casa grande e confortevole di Parigi, lei si dedica alla scrittura e lui lavora in banca e dattiloscrive i componimenti di lei, mettono al mondo Denise ed Élisabeth. Tra il 1935 e il 1942, la Némirovsky, la cui mole di testi è stata riportata alla luce solo di recente e stampata in Italia quasi tutta da Adelphi, redige 9 romanzi e 38 racconti. Ciononostante non riesce ad ottenere la cittadinanza francese e, alle porte della Seconda guerra mondiale, si ritrova accerchiata dall’odio razziale. Si fa battezzare cattolica, ma non fugge e non si nasconde, si ritira in campagna a Issy-l’Évêque; nel luglio del 1942, viene arrestata e il giorno dopo deportata in Polonia. Invano il marito (che si spegnerà poco dopo in una camera a gas) e gli editori si mobilitano per ritrovarla. Sopravvive un mese: a 39 anni, malata di tifo, esala l’ultimo respiro alle 15:20 del 19 agosto. L’ultimo quaderno, dal quale non si separava mai, è il manoscritto di “Suite francese”, custodito per decenni dalla figlia Denise in una valigia e uscito postumo nel 2004.
La Francia occupata dai tedeschi, l’esodo di massa che stravolge Parigi, la guerra subita dalla gente comune, i sentimenti contrapposti di miseria ed egoismo, vigliaccheria ed eroismo e tolleranza e delitto sono i grandi temi. «Si sa che l’essere umano è complesso, molteplice, contrastante, sorprendente, ma bisogna essere in tempo di guerra per rendersene conto». Se vi ronza in testa un film con Michelle Williams, confermo che è tratto da questo libro. Lei è Lucile Angellier, “sposa di guerra” (il marito, affibbiatole, è prigioniero in Germania), e vive con l’odiosa suocera (Kristin Scott Thomas). Nella loro casa si piazza il maggiore nazista Bruno von Falk, che indispettisce l’anziana ma affascina, con gli interessi condivisi di musica e letteratura, la giovane. Una parentesi di felicità e d’amore, la loro, destinata a non durare. «Beati quelli che possono amare e odiare davvero, senza tante storie, senza sfumature, senza incertezze».
La Nemirovsky è una narratrice segnata dall’insanabile conflitto con la madre, dalla condizione di straniera e dalla Storia che le scorre nelle vene. Una creatrice che torna spesso sulle sue parole alla ricerca della perfezione, capace di descrivere i sentimenti con finezza e molti sostengono con cinismo, il quale altro non è che la tragica dote di guardare le cose e le persone da lontano e di coglierne l’essenza con immagini e parole nitide e precise. Talento e metodo, sensibilità e intuito, vicissitudini e letture l’hanno resa una Maestra dell’osservazione analitica.
Quello de “I cani e i lupi” potrebbe sembrare un intreccio sentimentale, ma è una ricostruzione sociologica degli ebrei in Europa all’inizio del Novecento: gli ebrei poveri confinati nel ghetto, i “lupi”, e ricchezza e lusso dall’altra, quella dei “cani”, ossia gli israeliti che grazie al denaro vivevano come i non-ebrei. Ada Sinner, che da bambina conosce il suo amore di donna, appartiene ai primi, Harry ai secondi.
«Vivi come su un’isola deserta» le diceva Harry.
«Ho sempre vissuto così. Perché attaccarsi a ciò che si deve perdere?».
«Ma perché si deve perdere, Ada?».
«Non lo so. È il nostro destino. Mi è sempre stato strappato tutto».
Anche “Due” è tutt’altro che un romanzo rosa, gli mancano la visione ottimistica e il sentimentalismo che caratterizza questo genere. La relazione tra Antoine e Marianne, due giovani parigini benestanti del primo dopoguerra, è dapprima passione violenta, in seguito al matrimonio solida amicizia: «Come avviene, nel matrimonio, il passaggio dall’amore all’amicizia? Quando si smette di tormentarsi a vicenda e si comincia finalmente a volersi bene?» è la domanda-fulcro.
In “Legami di sangue” (Elliot), la famiglia Demestre fa i conti con la decisione di Alain di sacrificare il suo matrimonio per seguire l’amante in Malesia. I fratelli sono contrari, nessuna comprensione, nessun aiuto. Solo la prospettiva della morte darà un senso alla connessione biologica e unirà questi “sconosciuti”.
Illusoriamente idilliaca l’atmosfera ne “Il calore del sangue”: la figlia di due ricchi proprietari terrieri sta per sposare l’erede di un’altra famiglia in tutto e per tutto simile, un bravo ragazzo, innamorato e devoto. Eppure… la Nemirovsky insinua delle note stridenti sin dalle prime pagine, che fanno presagire come, dietro la pace bucolica, si spalanchino le voragini del male. Nicole è la protagonista del racconto “La moglie di don Giovanni”, un dramma in cui, cadute tutte le maschere, bellezza e seduzione diventano vendetta.
Buona esplorazione della galassia Nemirovsky!
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