La voce a te dovuta di Pedro Salinas, Einaudi, 1997

di Claudia Zuccarini 

 

Questo meraviglioso canzoniere di Salinas è un tuffo nelle emozioni più variegate legate all’amore, un amore ideale e platonico e, al tempo stesso, fatto di carne e contatto. Pubblicata nel 1933, questa raccolta intreccia settanta componimenti. Ogni lirica è perfetta in sé e richiama la successiva, non necessariamente per tematica ma anche solo per termini, musicalità reiterata. Ogni verso è denso di giochi di parole, immagini che forzano la metrica con grazia e che richiamano Garcilaso soprattutto, ma anche Bécquer, Machado e Juan Ramon Jiménez. La natura predomina con i suoi colori e si presta a divenire allegoria del sentimento cantato, con una dosata combinazione di ricercatezza e semplicità. Tutti i componenti di “La voce a te dovuta” sono incantevoli e trascinano in universi altri, fatti di attese, sogni, speranze, delusioni, così come l’amore.

La traduzione curata da Emma Scoles (come l’introduzione al volume) è pregevole, ma leggere i versi in lingua, con una sonorità irriproducibile in italiano, è senz’altro un approccio più coinvolgente.

 

 

Ayer te besé en los labios.

Te besé en los labios. Densos,

rojos. Fue un beso tan corto

que duró más que un relámpago,

que un milagro, más.

El tiempo

después de dártelo

no lo quise para nada

ya, para nada

lo había querido antes.

Se empezó, se acabó en él.

 

Hoy estoy besando un beso;

estoy solo con mi labios.

Los pongo

no en tu boca, no, ya no

– ¿adónde se me ha escapado? –

Los pongo

en el beso que te di

ayer, en las bocas juntas

del beso que se besaron.

Y dura este beso más

que el silencio, que la luz.

Porque ya no es una carne

ni una boca lo que beso,

que se escapa, que me huye.

No.

Te estoy besando más lejos.

 

Ieri ti ho baciato sulle labbra.

Ti ho baciato sulle labbra. Intense,

rosse. Un bacio così corto

durato più di un lampo,

di un miracolo, più ancora.

Il tempo

dopo averti baciato

non valeva più a nulla

ormai, a nulla

era valso prima.

Nel bacio il suo inizio e la sua fine.

 

Oggi sto baciando un bacio;

sono solo con le mie labbra.

Le poso

non sulla bocca, no, non più

-dov’è fuggita?-

Le poso

sul bacio che ieri ti ho dato,

sulle bocche unite

dal bacio che hanno baciato.

E dura questo bacio

più del silenzio, della luce.

Perché io non bacio ora

né una carne né una bocca,

che scappa, che mi sfugge.

No.

Ti sto baciando più lontano.

 

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