Bottino di guerra. Il giallo dei quadri razziati dai nazisti e deportatia Belgrado di Tommaso Romanin-Vincenzo Sinapi, Mursia, 2024
Redazione
Otto importanti quadri appartenenti al patrimonio dello Stato italiano, da Paolo Veneziano a Spinello Aretino, sono “illegittimamente detenuti” nel museo nazionale di Serbia, a Belgrado , dove arrivarono in modo misterioso e rocambolesco nell’immediato dopoguerra: è quello che sostiene la procura di Bologna, che per anni ha dato la caccia a questi dipinti, ottenendone la confisca nel 2018. Alle richieste di rogatoria con cui si chiede la restituzione dei quadri all’Italia, le autorità serbe hanno però sempre risposto picche. Ma ora si scopre che i dipinti contesi potrebbero essere non 8, ma più del doppio: almeno 17.
L’inchiesta giudiziaria – ricostruita e approfondita nel libro pubblicato da Mursia Bottino di guerra, dei giornalisti Tommaso Romanin e Vincenzo Sinapi – prende le mosse nel 2014, quando un appuntato dei carabinieri facendo una ricerca di routine sul web, si imbatte in un quadro esposto in una rassegna allestita a Bari e a Bologna dieci anni prima, tra il 2004 e il 2005. Acquistato da Goering, il braccio destro di Hitler, durante la Seconda guerra mondiale, il dipinto era stato illecitamente esportato in Germania. Le indagini hanno scoperto che altri sette dipinti avevano fatto lo stesso percorso. Tutti e otto, gli “otto prigionieri di guerra” facevano parte di 166 oggetti portati via col raggiro, nel 1949, dal Central collecting point di Monaco di Baviera, protagonista il faccendiere croato Ante Topic Mimara e finirono a Belgrado dove vennero incamerati dal Museo nazionale. Qui rimangono per anni, catalogati e restaurati con l’aiuto del Governo italiano e di alcune Sovrintendenze. Una collaborazione che porta quei dipinti “ricercati” in mostra, anche a Bologna. Nasce così una incredibile indagine, sulle tracce di opere di artisti importanti, come Tintoretto e Carpaccio. Otto, ma probabilmente di più.
L’indagine bolognese, coordinata dal pm Roberto Ceroni, è conclusa con una sentenza del giudice Gianluca Petragnani Gelosi ormai in giudicato e non è chiaro quali saranno i prossimi passi, ma l’inchiesta giornalistica ha aggiunto nuovi tasselli e scoperto che i quadri contesi potrebbero almeno 17.
Dall’introduzione […] Ma quanti e quali sono i quadri italiani “prigionieri di guerra” a Belgrado? L’inchiesta nata da quella scoperta e condotta dalla procura della Repubblica di Bologna (competente a indagare perché è lì che si è tenuta la prima mostra) ne indica otto: Ritratto della Regina Cristina di Danimarca di Tiziano (ma come vedremo le attribuzioni sono in realtà spesso sbagliate o controverse), Madonna con Bambino e donatore di Tintoretto, San Rocco e San Sebastiano di Vittore Carpaccio, Adorazione del Bambino con Angeli e Santi della Scuola ferrarese, Madonna con Bambino di Paolo Veneziano, il trittico Madonna con Bambino, Santi, Annunciazione, Crocifissione di Paolo di Giovanni Fei e Madonna con Bambino in trono di Spinello Aretino. Si tratta di quadri di grande valore comprati in Italia da Hermann Goering, il braccio destro di Hitler, portati illegalmente in Germania e poi, con il raggiro, finiti in Serbia, dove oggi possono essere ammirati nel Museo nazionale di Belgrado. Quadri – hanno ricostruito i Carabinieri in una serie di informative, di cui la prima e più poderosa porta la data del 12 dicembre 20145 – rivendicati dall’Italia fin dal primo dopoguerra, inutilmente, per anni. Una contesa aspra, ma che, per ragioni che esamineremo in queste pagine, si è via via affievolita, fino a non lasciare nessun ricordo, neppure nei pur esperti curatori delle rassegne di Bologna e di Bari che, tra la fine del 2004 e l’inizio del 2005, li hanno accolti nelle loro mostre e poi di nuovo lasciati andare.6 Ma la complessa indagine dei Carabinieri potrebbe non avere svelato tutto, perché le polverose carte degli archivi americani, finalmente desecretate, continuano a riservare sorprese. E i “prigionieri di guerra” italiani, intrappolati nelle dorate sale del Museo di Belgrado, molto probabilmente non sono soltanto quelli ai quali oggi i magistrati danno ufficialmente la caccia. Quella che stiamo per raccontare è una storia popolata da spie truffaldine e Monuments men fatta di intrighi (anche amorosi) e verità inconfessabili, di piste che la “ragion di Stato” ha impedito a suo tempo di percorrere fino alla fine e che, decenni dopo, un magistrato ostinato ha deciso di battere di nuovo per cercare di ottenere l’unico risultato che conta: riportare a casa i quadri rubati.
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