Nonostante i segreti del tempo di Josina Fatuzzo, Tipheret, 2024

Redazione

 

Nonostante i segreti del tempo nasce da un’eredità e dall’incontro di due donne. Uno scherzo del destino fa incontrare Maria Francesca, studiosa di storia contemporanea, con Viola, la vecchia proprietaria della villa che Maria Francesca eredita.

Maria Francesca è distrutta per aver scoperto il tradimento del marito, appena morto in un incidente d’auto. È aiutata dal confronto con  Viola, distante da lei nel tempo, negli anni, ma così vicina emotivamente, al punto da essere spinta a ricostruirne la vita e gli amori attraverso un quaderno e alcune lettere che trova per caso. L’esempio di Viola, l’infelice antenata, vessata dal marito e capace di rinunciare all’amore, sarà per Maria Francesca la forza di riconciliarsi con sé stessa: dall’alto di questa nuova saggezza potrà contemplare l’umana miseria.

L’Autrice ci offre la trama di un romanzo borghese ma allo stesso tempo anti-borghese: in una prosa a tratti spigliata e a tratti moralistica, mette a nudo la profonda ipocrisia e il continuo sbandierare buoni sentimenti che maschera spesso trame meschine.

 

Dal libro: «Avrei riletto il quaderno chissà quante altre volte ancora, come oramai facevo dalla sera precedente, (a parte le pause in cui mi addormentavo o mi preparavo una tazza di caffè) se le campane della chiesa vicina che annunciavano l’inizio dell’anno, il telefono e il campanello del portone non avessero squillato contemporaneamente. Il frastuono dei suoni così improvvisi ed insistenti, a cui, peraltro, si erano aggiunti anche quelli delle sirene delle navi ancorate nel porto e degli scoppi di numerosi mortaretti, mi aveva impedito, infatti, di immergermi nuovamente nella lettura degli sconcertanti scritti. Pur non avendo comunque intenzione di rispondere al telefono né di aprire la porta, poiché ero troppo sconvolta per ricevere gli auguri di chicchessia, avevo chiuso temporaneamente il quaderno e me ne ero andata in cucina per prepararmi un altro caffè. Invece, avevo fatto un pasto completo con pollo freddo, salame, formaggio e finanche con cioccolatini che avevo trovato in una scatola in salotto. Scoprendo via via che mangiavo di essere ancora affamata. Come se il cibo, di cui non mi saziavo, fosse l’unico mezzo per riprendere contatto con la realtà. Stavo ancora mangiando quando il telefono si era messo nuovamente a squillare. Questa volta, però, avevo deciso di rispondere. Poiché non volevo che chi stava dall’altro capo del filo potesse precipitarsi poi a casa mia, come l’altro che poco prima aveva pigiato fino a stancarsi il pulsante del campanello. Per fortuna era Emma! – Zia, – aveva urlato per farsi sentire, dato che l’indiavolato suono d’un pianoforte e un assordante coro sovrastavano la sua voce, – ti auguro un anno felice con tutto il cuore. Ti ho telefonato a mezzanotte, ma tu non hai risposto. Dov’eri? – Cosa potevo dirle? Che non avevo preso la cornetta perché mi era capitata l’incredibile caso di conoscere i segreti di una donna morta da decenni, che per giunta mi era sembrata fosse il mio alter ego? O perché ero troppo sdegnata verso coloro che l’avevano tormentata, morti anche loro ancora da più tempo?»

 

 

Lascia un commento