Squadrature con l’elastico di Maria Pia Latorre, La Matrice, 2024

di Paola Santini

 

Un titolo sghembo, che spiega l’intento impossibile del libretto: incorniciare, dunque delineare, un magma sfuggente; regolare e delimitare un flusso caotico. Infatti è proprio un flusso ciò che la forma del testo ricorda: il decadente flusso di coscienza col quale i narratori di un secolo fa cercavano di carpire il senso di un mondo interiore misterioso e sfuggente.

Oggi regna nuovamente una simile confusione e impenetrabilità davanti al reale polverizzato in algoritmi sciolti, incomprensibili, avulsi e incapaci di restituirci una lettura chiara e semplice della vita. Paradossale, visto che la semplicità superficiale e populista è proprio il motore propulsivo dei social. Ma in essi il frequentatore non riceve interpretazioni esaustive e approfondite del mondo. La nostra realtà viene invece da essi  triturata, spezzettata, sminuzzata in “Rerum volgarium fragmenta”, lungi dall’armonioso classicismo petrarchesco; un pulviscolo di immagini e parole flash, per letture smart di chi è affetto da scrolling compulsivo.

In questo magma che ci avvolge e ci ipnotizza strastullando menti erranti, Maria Pia Latorre cerca un senso. Lei scriverebbe “Note all’acchiappo: anche se un senso non ce l’ha”.

L’autrice “scrolla” riflessioni in sequenza apparentemente casuale ondeggiando tra citazioni colte, riflessioni anonime fotografate su muri cittadini, considerazioni personali e scampoli di testi musicali. Insomma traduce i meme del web in un puzzle letterario.

Ne viene fuori una macedonia pop, buona Per Ogni Palato, apparentemente adatta alle suddette menti erranti senza pretese, nè capacità di attenzione prolungata.

Le pagine di “Squadrature sghembe” sembrano scorrere da sé, facilmente, senza obbligarci ad entrare in una trama, in un tessuto, dunque in un testo tradizionalmente coerente e coeso.

I meriti di un opuscolo così sfrangiato e volubile?

Aderire perfettamente al nostro nuovo modo di leggere alla svelta a spizzichi e bocconi. Dunque è senz’altro un testo contemporaneo.

Ovviamente la sapiente e acuta penna di M. P. Latorre  corrode dall’interno tale vizio contemporaneo, mostrandocelo con evidenza quasi parodistica, e soprattutto mantenendone solo la forma.

Siamo scaduti tutti ormai al rango di lettori saltuari e immaturi, imbambolati ed infantili. Ah è così? Allora se volete solo giocare senza impegnarvi troppo, salite sulla giostra con me – sembra punzecchiarci l’autrice, trascinandoci su una ruota vorticosa di frasi al limite dello smarrimento.

E’ un paradosso di denuncia, un’iperbole  caustica che ci ammalia e smarrisce allo stesso tempo. Che ci seduce e ci conduce in stanze di volta in volta diverse, strette strette ma piene zeppe di cassetti da aprire, per chi ne avesse voglia e curiosità.

Le frasi flash ci ipnotizzano come le palline colorate di un giocoliere. La Latorre riesce a tenerle in equilibrio e, mentre noi col naso all’insù’ ne restiamo rapiti, lei ci insinua il dubbio che sia tutto uno scherzo, un gioco da lei condotto come fosse un’autrice saltimbanco, alla Palazzeschi.

E mentre restiamo lì incantanti come davanti a un caleidoscopio, misuriamo la nostra incapacità di trovare un senso unitario intorno e dentro di noi.

Lascia un commento