Intervistiamo: I Sud Sound System

di Cosimo Rodia

 

I Sud Sound System sono stati per la Puglia degli anni ’90 una vera rivoluzione: hanno immesso nel tessuto musicale italiano la musica reggae, creando un vero e proprio trend che dura tutt’oggi. Le loro dancehall e i loro concerti dal vivo hanno promosso l’immagine del Meridione in tutta Europa. Nella loro musica, il dialetto salentino, la difesa delle radici e la fierezza per le proprie origini, non li hanno chiusi nel particolarismo regionale, anzi loro si sono aperti al mondo, ai migranti, ai diseredati, ai giovani in cerca di un senso. Tutto ciò scandito sulle note dei ritmi caraibici, del roots-reggae, dello ska e del ragamuffin.

E il Gruppo al completo (Don Rico, Nandu e Fabio), martedì 10 settembre, sono stati ospiti a San Donato di Lecce, per dialogare con Sonia Conte, nell’ambito del festival della Poesia Errante, ideato dal vulcanico Giuseppe Zilli e organizzato dal Presidio del libro, dall’Amministrazione Comunale, dalla Biblioteca di città “Gino Perrone”, in collaborazione con ACT Salento e il Bar Blue Sky.

E prima che iniziasse la manifestazione, siamo riusciti a ‘rubare’ una intervista al volo che ve la proponiamo.

Quali sono le vostre fonti d’ispirazione musicale?

Siamo ragazzi che vivono la vita per strada, nel paese, sulle spiagge, in campagna, ci ispirano i volti della gente che è intorno a noi; e poi… tanta musica Reggae e Hip Hop (Nandu e Don Rico).

 

La vostra musica si è evoluta nel tempo, visto che sono più di trent’anni di attività?

Tutto si evolve, il vino invecchia e migliora, così è anche per noi. Si cerca sempre di creare una musica che si ha il piacere di sentire anche dopo vent’anni, che abbia sempre quell’effetto sulle persone, dunque tentiamo di creare qualcosa che possa lasciare il segno (Nandu e Fabio).

 

Com’è nata la combinazione tra la musica raggae e salentinità?

È venuto tutto naturale perché la salentinità della tarantella e della pizzica ce l’hai nel sangue, perché la senti da bambino; poi, ti appassioni al raggae; ed essendo il reggae una musica popolare, il legame tra i due stili c’era già nelle proprie radici.

È un percorso di popoli, di tradizioni e di culture che si sono sposate, per l’attitudine riscontrato sia nella nostra tradizione sia nella musica reggae e che ci ha portato, tra l’altro, a riscoprire ancor più la nostra tradizione.

Sì, c’è un percorso comune tra Giamaica e Salento. Oggi è diventato molto facile creare questa connessione tra Salento e Giamaica, come diceva prima Don Rico, musiche popolari che se ne fregano di tutte quelle industrie musicali, dove tutto si costruisce a tavolino; a noi piace guardarci intorno e raccontare le storie del Salento. Storie importanti. A volte ti svegli arrabbiato, guardi questo sistema politico, sei una persona del Sud che non può non combattere ogni giorno… e tutto questo è energia; noi proveniamo da una terra che ci ha insegnato che la taranta è una cura, proprio come la musica reggae; è questa la cosa bella, noi abbiamo fatto della nostra musica un modo per rilassarci, per ritornare a noi stessi e per non farci attaccare dai veleni, perché il ragno non aveva veleno, il veleno, in realtà, è la società (Don Rico, Fabio, Nandu)

 

Il dialetto salentino è parte fondamentale della vostra musica; quanto è importante, allora, mantenere vivo il legame con la vostra terra?

Importantissimo, perché riscopri la consapevolezza da dove vieni, delle tue radici, che ti dà la capacità di apprezzare altri popoli, altre culture, ovvero, quello che diciamo nel brano “Le radici ca tieni”: “Siamo salentini del mondo cittadini”; questo è il cuore del discorso; il bello per noi, nei primi anni che abbiamo iniziato a girare come gruppo musicale, era vedere come viveva la gente in altri posti; era un elemento di confronto per tornare a scoprire ancora di più le nostre tradizioni (Nandu e Don Rico) .

 

Caratteristico, poi, è la collaborazione con altri artisti raggae in Italia.

Quando eravamo ancora ragazzi e non avevamo canzoni scritte, noi facevamo collaborazione; c’era un microfono che facevamo girare tra noi; quando arrivava a te, pensavi a delle rime che dovevi dire, da improvvisazione pura; poi, sono nate le canzoni.

Per creare una collaborazione vera e propria ti devi trovare con l’artista giusto; a volte queste collaborazioni nascono spontanee; noi abbiamo iniziato a fare collaborazione con artisti giamaicani già venti anni fa, perché venivano qui a fare concerti e quando sapevano dei Sud Sound System, venivano nel nostro studio e suonavamo; poi quando siamo stati in Giamaica, tutti ci salutavano e ci riconoscevano, ed era molto bello (Don Rico).

 

E a proposito del reggae, che voi avete naturalmente inglobato, loro affrontano temi dell’amore, della lotta, della resistenza; e voi cosa trasmettete con la vostra musica?

La forza della natura. Noi siamo I Sud Sound System e già nel nome si capisce da dove veniamo; e parliamo per chi soffre, parliamo del conflitto perenne in una società che vuole mettere alcune persone ai margini, cantiamo per loro, perché noi facciamo parte di questa gente (Fabio e Nandu).

 

Com’è nato il vostro ultimo album?

Come tutti gli altri. A seguito del periodo covid, molte melodie liriche sono nate anche dal contesto che si viveva. Noi abbiamo l’abitudine di incontrarci e naturalmente esce la melodia, anche da una banale conversazione (Don Rico, Fabio, Nandu).

 

C’è una canzone in particolare alla quale tenete?

Tutte. Ci teniamo a tutte, proprio come “ogni scarafone è bella la mamma sua”.

 

Qual è il vostro ricordo più bello di un evento dal vivo?

Abbiamo tantissimi ricordi dopo 30 anni di musica; è stato coronare il sogno che avevamo da bambini, quello di andare in Giamaica e farlo da artisti e non da turisti; abbiamo cavalcato il palco del Raggae Sound Fest e altri palchi importanti (Don Rico).

 

Quali sono i progetti futuri?

Ci sono già canzoni pronte. Al momento, però, il nostro ultimo album sta andando bene, abbiamo un pubblico che non consuma voracemente le nostre canzoni, i nostri album hanno vita lunga, la gente se li gusta, e questo è il bello del non far parte del mainstream, le persone sono abituate con i tormentoni, noi non vogliamo tormentare nessuno, noi proponiamo poesie e liriche che fanno della vita qualcosa di bello (Fabio, Don Rico, Nandu).

Un Gruppo inclusivo, disponibile, impegnato, allegro; aggettivi pregnanti per definire il loro essere uomini e artisti, che hanno saputo invertire la maledizione del sud, ‘sterronizzando’ quella maledizione (infatti, quando si emigrava al nord, si rinunciava alla salentinità, usando uno slang velocemente acquisito), per rivendicare una identità culturale forte; I Sud Sound System hanno fatto capire che il Sud non è svendibile. Ecco la ragione per cui il Gruppo si è opposto alla violenza sul territorio (si pensi alla denuncia per le aree industriali di Taranto e di Brindisi, per la TAP o per la Xylella). E in trent’anni hanno saputo mantenere la barra dritta sui valori, con una coerenza rara, vale come esempio il loro ultimo rifiuto di far parte del cartellone della Notte della Taranta di Melpignano, allorquando hanno saputo che uno degli sponsor della manifestazione era proprio la TAP, contro cui si sono opposti dall’inizio.

Sicchè, lunga vita a Don Rico, Nandu, Fabio, questi eterni giovani, che danno voce agli ultimi con allegria e seminano identità non alienabile né al mainstream (rifiutando il contratto con la Sony per essere liberi) né alla globalizzazione spersonalizzante, della cui battaglia tutti ne beneficiano.

 

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