Diario di un Commosso Viaggiatore di Alessandro Zaffarano, Edizioni Milella, 2023

di Onofrio De Matteis

 

Ho avuto modo di leggere l’ultimo libro di poesie di Alessandro Zaffarano, medico e psichiatra, venuto alla luce dopo una lunghissima incubazione di circa 46 anni e devo ammettere che è una vera sorpresa per come è articolato e per come è scritto.

Le tre piccole sezioni di cui è composto rimandano ciascuna ad un’epoca abbastanza definita e riconoscibile: quella della passione civile e di un certo sperimentalismo linguistico che attinge a piene mani nei linguaggi pubblicitari; quella della “emigrazione al sud” come episodio biografico ma, soprattutto, come sguardo rivolto al “giù” che poi è anche “dentro” che è l’autore, ma anche tutte le persone di cui si occupa (è psichiatra e psicoterapeuta); quella della condizione attuale, del tempo che passa, delle trasformazioni che comporta sul corpo e nei sentimenti.

In Parol/Azione – la prima sezione – si svela un poeta dallo sguardo lungo, profetico quasi. Zaffarano cerca di spiegare, nella nota dell’autore, che tipo di operazione ha condotto: selezionare, modificare ed assemblare molteplici messaggi pubblicitari dell’epoca al fine di rendere evidente dove, in maniera criptica e subdola, la società capitalista cercava di portare il mondo e le persone.

Un mettere in guardia dalle iniziative securitarie (“… prevenire reprimere / riformare chiudere i covi / … isolare …) che, se non controllate, possono far passare la paura, ma lasciano un interrogativo inquietante “e adesso?”; che mondo resta dopo tutte queste azioni? Un mondo magistralmente descritto a pag. 21, fatto di controllo sulla stampa (“quotidiani acquistati…”), corruzione (“bustarelle in svizzera”), trasformismo (“agnelli che fanno i leoni”), inquinamento (“per nuvole di veleno // fumi e fiumi inquinati”). E pensare che siamo nel 1978!

Ma non c’è solo la politica sfacciata. Zaffarano cerca di evidenziare – e pertanto mettere in guardia – dalla spinta della società capitalistica alla deresponsabilizzazione ed alla abdicazione alla propria vita (“Se hai le ali”) o all’edonismo (“Un incontro col diverso”). Temi che ritornano con più compiutezza ed articolazione nel poemetto dialogico Ad uso e consumo dove sono esplicitati i fini che il potere ed il capitale si propongono (“quel che vogliamo / prima o poi / diventa regola per tutti”) e dove viene richiesta alle persone una alta capacità di adattamento a sistemi rigidi e non modificabili (“se li accettate / dovete adattare le necessità / alla loro rigidezza”) venendo ad operare così un totale ribaltamento nella scala e nella soddisfazione dei bisogni; non vengono più prima quelli delle persone, ma quelli del “sistema” e, ancora una volta, la delega totalizzante (“una firma / semplicemente /per vivere comodamente”).

È questo un esempio di come si vada ben oltre la lungimiranza e le parole di Zaffarano assumano una veste quasi profetica se si guarda al mondo di oggi.

Le due sezioni successive rappresentano uno stacco netto con Parol/Azione perché espressioni di un mondo esteriore – l’emigrazione nel Salento, la nuova condizione personale e professionale – e l’attenzione ai mondi di dentro, propri ed altrui.

Si può affermare che Canto d’Idareo rappresenta il “cuore” di quest’opera, non casualmente posto al centro del volume, per i sentimenti ed i temi che vi sono rappresentati e descritti in così poche poesie e che torneranno, con maggiore sviluppo, nella sezione successiva. I sentimenti prevalenti sembrano essere la sorpresa e lo smarrimento, più che la solitudine; per la nuova destinazione (“Salento”) finora sconosciuta, per la professione (“io / nuova spia / di sensazioni coniugate / all’imperfetto”) che genera sentimenti conflittuali (“smetto volentieri / le vesti di critico / delle tue emozioni / per farmi spettatore/ delle tue voglie”), per un Sud diverso da quello fino ad allora conosciuto, con una matrice più marcatamente contadina ed al contempo alienante (“bevuti d’un fiato i sogni / si torna a casa/ a coniugare la speranza …”), la difficoltà a muoversi tra conformismo ed anti-conformismo (“tra un controvalore/ed uno schema/ si esiste/ fino ad un certo punto”).

E poi c’è l’amore. Un amore che non si compiace mai di se stesso, un amore rubato (“rubami un bacio / dietro quell’angolo / dove è amore il peccato”), di storie difficili (“e sono uscito / dalla tua vita / cercando almeno / di non sbattere la porta.”), un amore pericolosamente rivoluzionario che affascina, ma da cui occorre ritrarsi (“quando il si affascina / e il no rassicura”), un amore consumato senza calore (“la notte / non ha lasciato spazio / a nessun calore”).

La sezione Il viaggiatore di anime fa riferimento prevalente alle storie conosciute ed incontrate nel corso del lavoro psichiatrico e psicoterapeutico – da qui il titolo – ed al carico di sentimenti che ciascuna porta con sé: dalla perdita di memoria e della propria storia (“Confabulazioni”), al dolore che “mi graffia il cuore”, fino ai gradi estremi dell’alienazione (“Spegni queste voci, dottore!”, “Io sono Zero. / Renato Zero”). Ma fa riferimento, anche, al tempo che passa e che riduce l’aspettativa di futuro, tema che ricorre in più composizioni (“Disconnessione”, “Il tempo”, “Mi prendo il tempo”) e che costringe a fare i conti anche con la morte, mai vista come minaccia, ma presenza e destino ineluttabile (“non opporrò / nessuna resistenza / alla morte”). Non mancano i temi più attuali come il Covid-19 e gli effetti che ha prodotto sulle relazioni tra le persone (“Domenica delle Palme 2021”, “Post – Covid”), o l’amore, da quello filiale a quello visto sempre dalla parte delle donne per la cui sensibilità Zaffarano mostra una grande attenzione. Si può dire che ogni componimento racchiude densamente temi che ci toccano in qualche modo e che rendono la lettura mai indifferente.

Il libro si chiude con una piccolissima sezione dedicata a persone amiche ed a poeti che sono stati compagni di un viaggio entusiasmante ed affettuoso che è ancora in corso.

Ci troviamo di fronte ad una poesia di cui è protagonista quasi assoluto il viaggio, la strada, il camminare, metafora perfetta non solo del lavoro psicoterapeutico come fatto tecnico, ma dell’incontro, della simpatia con l’altro. Un viaggio accidentato tra i margini e la marginalità, tra confini sfuggenti. Ci troviamo di fronte ad una poesia che usa parole estremamente dense, ma non per questo meno accessibili.

Ci troviamo di fronte ad un poeta che dimostra di aver saputo guardare lontano e che ancora continua a farlo.

 

 

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