Poesia di Alessandro Ceni

 scelta da Barbara Gortan

 

Bianco

I morti si rivoltano alla morte,

babbo Inverno, nessuno rifiata

la tua controparola d’ordine, ma

l’alfabeto si consolida in grandine in

solida luce,

resta resta resta

solo tra i pattinatori sull’acqua ché

molti soli cadono come monete e

la velocità è un passo falso

in questo stato dell’anno:

 

il crac dal bosco e il

cane abbaia una sfera di stupore ai

falconi di rientro negli occhi, gli

insetti dormono in gocce d’ambra e

tutti i ripari sono anime, le

erbe gelate nello stomaco del bue

e il salmo della neve

dove amanti si stendono, non

sai più se per spirito o sorriso, hai

messo sonagli alla valanga

e lo stagno brina:

 

inciso in un dente d’aria,

graffiato dai battenti,

me che inquieto delimita

impianta e coltiva la foresta,

v’inchioda la mappa degli animali,

1 cigno prima freddo sul

vassoio poi alto sulla palude e

ora, se ti voltassi, alla deriva sullo

specchio l’orma grossa del respiro

trattenuto

o una figura lontanissima

con la capanna ancorata al fianco non ricordo non ricordo non

ricordo il bisbiglio della notizia buca:

 

volano a forma di calice,

a lupi di stormi a passeri di branchi

e sibilano bibliche pietre nella corrente

e narrano e non affondano

per affrettarmi ad amare,

ultimo minuto che sfigura,

stridio in vista e,

pensa, disporre un pensiero

infrangere le leggi

entrare le porte

oscuramente.

 

(In Parlare Chiuso. Tuttelepoesie, Puntoacapo, 2012)

 

 

(In copertina: Foto di Henry Cartier-Bresson [particolare])

 

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