La notte di Ferrara di Pierre-Jean Remy, Gammarò/ Oltre edizioni, 2024

Redazione

 

Un ansioso e spregiudicato collezionista che non si rassegna ad abbandonare fosse solo per pochi giorni un dipinto che ha prestato per una mostra, lo accompagna da Parigi a Ferrara. Al quadro è morbosamente attaccato (vi è raffigurata un’adolescente in posa ingenua e pur maliziosa) e ne sopporta con pena il distacco per l’esposizione.

L’uomo trascorre il tempo di due notti e un giorno peregrinando per Ferrara, dove gli spazi geometrici e inquietanti, razionali e misteriosi, in un continuo variare di ombre e luci, di nebbie e nitori, si popolano di presenze. Poeti e pittori che giungono da epoche differenti, dolcissime e dolenti figure che escono dalle pagine del Giardino dei Finzi-Contini, i bruti delle SS e della polizia fascista e i demoni che lacerano la coscienza del protagonista lo seducono e lo tormentano. Inganni, illusioni realtà e memorie.

Un “viaggio” allucinato. Nel disfacimento delle inquiete e inappaganti ricerche del piacere, nell’incalzare del male che ritorna (la folla, i motociclisti, alcuni tristi figuri) a insidiare le poche immagini di splendore e purezza, nel crollo dei falsi miti e maestri, si conclude una vita vuota che ha amato nel modo più sterile.

«Dissacrata Ferrara nella sua umanità più fragrante (e Bassani è pur presente per il tributo letterario e spirituale che dedicò alla città); dissacrata la donna per l’ossessiva ricerca dei maschi — che non è di piacere ma di possesso; dissacrata la bellezza, perché le brume, le nebbie, la notte continuano a insidiarla, resta il fuoco di un sogno, un lungo sogno, che purifica mentre denuda» (Elvira Landò)

 

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