25 DICEMBRE

(di Vito Maurogiovanni, nel Centenario della nascita)

Una delicata e struggente lirica che profuma di agrumi spruzzati sulla “fornacella”. Con l’eco del “Tu scendi dalle stelle”  in processione, davanti al presepe. Al sapore di torrone e pasta di mandorle, “dormienti” e castagnelle. Buon Natale a chi è in cerca del Natale. Buon Natale a Tutti!  (Maria Pia Latorre)

 

Penso che ciascuno di noi abbia il suo Natale,

fatto di pensieri che non sono cose eterne.

Il mio Natale è quello un po’ retorico

di bambino, nel caffè di mio padre.

<<Antico caffè >> si chiamava ed aveva stampe antiche

e vecchi divani e finanche in un angolino

la lanterna di un trabaccolo.

Non mancavano specchi vecchi e guantiere

sputacchiere e tavolini di marmo.

quando arrivava la <<vigilia>>, vicino al bancone

veniva posta una lunga tavola e sopra sfavillavano

paste di mandorla e castagnelle e paste dolci

e torrone, quello nero, con lo zucchero bruciato,

e bianco, per le mandorle, che sembravano chicchi di grandine

o camici bianchi di seminaristi sventolanti al sole.

Che grande movimento nella grande cucina

con la cappa piena di fuliggine

sotto la quale mia nonna

accendeva il lumino per le buone anime del Purgatorio.

Dalle pareti, padelle e padelloni e sui tavoli montagnelle

di mandorle lessate e da sgusciare tra le dita

e uova fresche e bionda crema e zucchero filato

e cannella e vaniglia e damigiane di alcool puro

essenze aromi scorze di limoni ed arance e mandarini.

Poi papà preparava il <<trono>> vicino alla macchina espresso

con scalini coperti di velluto e drappi rossi

e, sopra, imponente, una dorata corona che raccoglieva

armonicamente tutti i velluti sparsi.

Su quel trono metteva il Bambino Gesù nella culla

e, passata la vigilia, quel bambino nella culla

si trasformava nel Bambino della Strenna.

Era grande, quasi come un bambino,

ma aveva il mondo in una mano e lo scettro

nell’altra e gli avventori si avvicinavano

e dicevano: Tu che sei re della terra,

fammi guarire il mio bambino.

Tu che sei re della terra,

accidenti, perché mi fai stare disoccupato?

Ma mio padre pensava solamente che quel Bambino

aveva lo sguardo sorridente del figlio suo più piccolo.

Gli avventori prendevano il <<sussurro>>

e facevano a credenza dicendo che avrebbero pagato.

E quando mio padre chiuse il suo caffè

Aveva lunghi elenchi di clienti che dovevano pagare

e li teneva tutti segnati, anche se non li sollecitava,

perché sapeva che un giorno avrebbero pagato.

Tardi alla sera del Natale, mio padre preparava il ponce caldo

e lo dava da bere a tutti i suoi clienti.

Ma a noi bambini ci mandava a letto

e sentivamo il vocìo e lo scalpiccìo della gente

e calpestii domande risposte

ci giungevano come da un mondo lontano.

E cercavamo di prendere caldo nel letto caldo

ed un’allegrezza ci prendeva in cuore,

intrisa di ingiustificato pianto

 

(da I Santi di casa mia, Levante, 1984)  

 

 

 

Lascia un commento