Sei Nessuno anche tu?
Allora siamo in due!
Non dirlo! Potrebbero spargere la voce! Che grande peso essere Qualcuno!
Così volgare — come una rana
che gracida il tuo nome — tutto giugno —
ad un pantano in estasi di lei! È ovvio che Emily Dickinson sa benissimo di essere un genio, però preferisce essere nessuno. Lei sa che il suo messaggio arriverà quando deve arrivare e infatti arrivò un secolo dopo. Se non fossi viva Quando verranno i Pettirossi, Date a quello con la Cravatta Rossa, Una briciola in Memoria. Se non potessi ringraziarvi, Essendo profondamente addormentata, Sappiate che proverò Con le mie labbra di Granito! Emily Dickinson non è la più grande poetessa d’America, è la più grande poetessa di tutti i tempi. Le sue millesettecentosettancique poesie furono pubblicate dopo la sua morte dalla sorella Lavinia, che raccolse tutti i testi accuratamente rilegati, conservati nei suoi cassetti. Portami il tramonto in una tazza le anfore contate del mattino le gocce di rugiada. Ditemi quanto lontano balzi il mattino quando il tessitore dorma che adorna d’azzurro gli spazi! E scrivetemi quante son le note nell’estasi del nuovo pettirosso fra i rami stupefatti e quante gite fa la tartaruga e quante coppe di rugiada beve l’ape ebbra! Chi gettò i ponti dell’arcobaleno, e chi le docili sfere conduce con vincastri di morbido azzurro E quali dita congiungono le stalattiti, chi i grani del rosario della notte conta e si accerta che non uno manchi Chi costruì questa casetta bianca e chiuse così bene le finestre che non riesce il mio spirito a vedere Chi mi farà col necessario uscire in un giorno di gala per volar via oltremodo fastosa Non ebbe subito successo, non l’hanno capita, era in anticipo come linguaggio, ha anticipato nel 1850 la poesia novecentesca, l’ermetismo, il simbolismo, il surrealismo, fu al di fuori del tempo, un fenomeno inspiegabile. Si è consegnata totalmente alla poesia, ha vissuto in totale solitudine, in un villaggio del New England nel Massachusetts. Si rinchiuse in camera sua a 32 anni e vestì da quel giorno sempre di bianco, usciva solo in giardino o andava nei boschi, d’altronde con chi avrebbe potuto socializzare nel suo villaggio? La dama bianca con chi avrebbe potuto parlare dell’infinito? Poiché io non potevo fermarmi per la Morte lei gentilmente si fermò per me. La carrozza bastava a contenere noi due soltanto – e l’Immortalità. Piano andavamo – non aveva fretta ed io avevo tralasciato il mio lavoro ed anche il mio riposo per la Sua cortesia – Passammo oltre la scuola, dove bimbi giocavano in cortile, a ricreazione – passammo i campi di occhieggiante grano e passammo oltre il sole che moriva – O piuttosto, fu lui ad oltrepassarci – Le rugiade tremavano di freddo, di sola garza era la mia gonna – la bavera, di tulle – E ci fermammo davanti a una casa che somigliava a un’onda della terra – il tetto si scorgeva a malapena – la sua cornice era dentro la terra – Da allora sono secoli, ma sembrano più brevi dell’istante in cui m’accorsi -in un attimo – che all’Eternità le teste dei cavalli eran protese. Il viaggio con il cocchio finisce apparentemente al cimitero dove ha lasciato il corpo, continua in realtà verso l’alto, le teste dei cavalli sono protese verso l’eternità. In un attimo passa dalla dimensione del tempo, quello che definiamo cronologico a quello eterno. Ha sempre un pensiero fisso verso l’aldilá, possiamo definirla una mistica, sembra che qualcuno, qualcosa le avessero comunicato delle verità che altri non sanno. Ogni minima esperienza è un tramite di un contatto con qualcos’altro, con l’altrove, perché ha una visione della realtà non materialistica, ma trascendalistica. I testi di Emily Dickinson sono prodigiosi perché sono profondi e semplici. Se tu venissi in autunno, Io scaccerei l’estate, Un po’ con un sorriso ed un po’ con dispetto, Come scaccia una mosca la massaia. Se fra un anno potessi rivederti, Farei dei mesi altrettanti gomitoli, Da riporre in cassetti separati, Per timore che i numeri si fondano. Fosse l’attesa soltanto di secoli, Li conterei sulla mano, Sottraendo fin quando le dita mi cadessero Nella Terra di Van Diemen. Fossi certa che dopo questa vita La tua e la mia venissero, Io questa getterei come una buccia E prenderei l’eternità. Ora ignoro l’ampiezza Del tempo che intercorre a separarci, E mi tortura come un’ape fantasma Che non vuole mostrare il pungiglione.