Il signor William Shakespeare presenta “La tragedia di Giulio Cesare” alla classe IIIA di Pier Luigi Coda, Tabula fati, 2022

di Cristina Raddavero

 

È possibile riuscire a concentrare in 83 pagine l’antico e il moderno, il tempo e l’esserne privi innanzi a ciò che è stato scritto per uscire immediatamente dalle maglie della scansione passato-presente-futuro restituendo ad una vicenda storica il fascino indiscusso della perennità?

Sembra proprio di sì, davvero tenendo tra le mani il libro di Pierluigi Coda, vien da dire che per certe storie il tempo non esiste, meglio esiste per essere attraversato con la consapevolezza che già il filosofo Eraclito di Efeso possedeva a cavallo del 500 e del 400 a.C.  quando, parlando poco e per frammenti, all’88° diceva:
È la medesima realtà il vivo e il morto, il desto e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli, e quelli di nuovo mutando son questi.”

Questo capita quando si legge “qualcosa” di Shakespeare e che “qualcosa”!

Al di là del contenuto del Giulio Cesare (oggi “scaricabile” ovunque oltre e al di là del libro scritto), ciò che conferisce valore aggiunto alla tragedia è la semplicità con cui l’autore porge al suo pubblico una vicenda immensa che trasversalmente, ha toccato e tocca il teatro, il cinema, la letteratura. Semplice non è MAI banale. Semplice è voce spumeggiante come quella dei ragazzi della III A che hanno la fortuna di incontrare William grazie alla loro professoressa, la signora Smith maritata Brown. Un invito particolarissimo che dopo una fase iniziale quasi al limite dello sberleffo (e si sa che dentro un’aula se ne possono sentire di tutti i colori e tenori), si rivelerà un momento scenico che, neppure un impacciato Shakespeare a contatto ravvicinato con “i ragazzi di oggi” aveva potuto anche solo pensare.

Pier Luigi Coda, ancora una volta, dona al suo pubblico il fremito di una lettura che mentre si “fa” mette in scena, è il caso di scriverlo, il legame potente tra autore-contenuto-lettore, quel rapporto di immedesimazione, nonché identificazione della vicenda e dei personaggi secondo quei criteri di assoluta verosimiglianza che nascono e crescono proprio sul palcoscenico.

In fondo, l’autore, con tutta la sua precedente produzione ci ha sempre dato ad intendere che c’è un solo modo per restare “vivi”, quello di frequentare la Bellezza imperitura della parola.

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