L’ecologismo di Wendell Berry

di Sandro Marano

 

«Fate domande che non hanno risposta.

Investite nel millennio. Piantate sequoie.»

Wendell Berry, autore di questi versi lapidari, tratti dal Manifesto del contadino impazzito, è una singolare figura di saggista, di romanziere, di poeta, di agricoltore e di ecologista, che ha saputo unire pensiero ed azione, spirito libertario e senso comunitario.

Nato nel 1934, dopo aver insegnato per lungo tempo letteratura e scrittura creativa nelle università del Kentucky, di New York e della California, nel 1965 decise di tornare a Henry County, il piccolo paese del Kentucky che gli aveva dato i natali, per occuparsi della fattoria dove la sua famiglia aveva coltivato i campi fin dal 1800 con metodi tradizionali e biologici. Ma nel contempo non rinunciò a scrivere saggi, romanzi, poesie. «In tutti i suoi scritti Berry sottolinea la necessità di salvaguardare e conservare l’ambiente, l’agricoltura, la famiglia, le comunità tradizionali, l’armonia fra l’uomo e la natura» (Gennaro Malgieri, La rotta visionaria di Wendell Berry tra comunità, cibo e natura, in Barbadillo.it, 9 Marzo 2016).

I suoi versi sono insieme un atto di accusa contro l’industrialismo e l’american way of life e un richiamo ai valori tradizionali, a quel Dio che ci ha donato la bellezza del mondo. Non dimentichiamo d’altra parte che Berry parla agli americani, la cui filosofia dominante è il pragmatismo e la cui mentalità è stata plasmata da circa due secoli di consumismo e di industrialismo. E dunque prospetta loro la convenienza di difendere la natura attraverso un «investimento». Magari in secoli. E lo fa solleticando il loro amore per la libertà:

 

«Quando vorranno farvi comprare qualcosa

vi chiameranno. Quando vorranno farvi morire

per il profitto ve lo faranno sapere.

Ma voi amici, ogni giorno, fate qualcosa

che non possa entrare nei calcoli. Amate il Signore.

Amate la terra. Lavorate gratuitamente»

 

Le domande che non hanno risposta, quelle che contano, che si riassumono nelle seguenti: qual è il senso della vita? qual è il nostro posto nel mondo? – sono quelle a cui nessuna istituzione può rispondere, perché la strada per la verità è sempre individuale e passa dal cuore. Forse la vera risposta, come suggerisce lo stesso Berry, potrebbe trovarsi solo in quella foresta

«che non avete piantato

e che non vivrete per raccogliere».

Di Wendell Berry, che può senz’altro considerarsi un poeta ecologista, proponiamo ancora due sue poesie. Nella prima La pace delle cose selvagge, ci descrive un momento di ritrovata armonia:

 

«Quando la disperazione per il mondo
cresce dentro di me
e mi sveglio di notte al minimo rumore
col timore di ciò che sarà della mia vita
e di quella dei miei figli,
vado a stendermi là dove l’anatra di bosco
riposa sull’acqua in tutto il suo splendore
e si nutre il grande airone.
Entro nella pace delle cose selvagge
che non si complicano la vita per il dolore che verrà.
Giungo al cospetto delle acque calme.
E sento su di me le stelle cieche di giorno
che attendono di mostrare il loro lume. Per un po’
riposo tra le grazie del mondo e sono libero.»

 

Nell’altra, Come essere un poeta (per mio promemoria), ci invita a frenare una buona volta la corsa cieca al cosiddetto benessere e ad accordarci all’armonia del mondo, che si conquista ponendo in discussione le illusioni del progresso, recuperando una concezione del mondo organica e spirituale e quei valori che furono delle grandi civiltà tradizionali. Berry  lo fa con estrema semplicità parlandoci della sua esperienza di poeta:

 

«Trova un posto per sederti.
Siediti. Resta in silenzio.
Dovrai fare affidamento su
affetti, letture, conoscenze,
abilità – più di quante
tu ne abbia – ispirazione,
impegno, maturità, pazienza,
perché la pazienza congiunge il tempo
all’eternità. Dubita
del giudizio
di chi elogia i tuoi versi.

Respira con respiro incondizionato
l’aria non condizionata.
Lascia perdere i fili elettrici.
Comunica con lentezza. Vivi
una vita a tre dimensioni;
stai lontano dagli schermi.
Stai lontano da tutto ciò
che offusca il luogo in cui si trova.
Non esistono luoghi che non siano sacri;
soltanto luoghi sacri
e luoghi profanati.

Accogli quanto viene dal silenzio.
Fanne il meglio che puoi.
Con le minute parole che a poco a poco nascono
dal silenzio, come preghiere
riverberate verso chi prega,
componi una poesia che non turbi
il silenzio da cui è nata.»

 

Come scriveva l’ecologista italiano Rutilio Sermonti in L’uomo, l’ambiente e se stesso: «L’imperativo assoluto è ritrovare il senso della propria esistenza, il proprio significato, il proprio centro. Solo questo ci rimetterà in pace con noi stessi, con i fiori e con le stelle».

La poesia di Berry è ricerca di un centro, di un senso gratificante dell’esistenza, di una pace interiore che possa essere preludio ad una pace duratura con la Natura vivente.

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