Intervistiamo: Angelo Nobile

di Cosimo Rodia

 

Angelo Nobile è docente di Letteratura per l’infanzia presso l’Università di Parma, Direttore della rivista “Pagine Giovani”, autore dell’Editrice  Morcelliana (già La Scuola), ideatore del Premio nazionale al miglior giornalino per ragazzi (unico in Italia), e tant’altro ancora.

Ritorniamo a rivolgerci al professore, dopo l’intervista realizzata dalla redazione di letture.org  in occasione dell’uscita del suo saggio Storia della letteratura giovanile dal 1945 ad oggi, edito da Morcelliana-Scholé.

Professore, da studioso di letteratura giovanile di lungo corso, ci dica perché è importante la disciplina alla quale Lei ha dedicato la vita.

Quella che per brevità e per convenzione chiamiamo “Letteratura per l’infanzia” studia, analizza, valuta e promuove, quando di qualità, i libri rivolti a bambini e ragazzi, estendendo il suo ambito di interesse anche a cartoon e ad altri linguaggi iconico-visivi. Al tempo stesso suggerisce congrui percorsi di educazione alla lettura, in famiglia come a scuola, orientando genitori, insegnanti, bibliotecari, educatori in senso lato circa i libri da proporre. Sono note le valenze positive del libro non soltanto come mezzo di ricreazione, ma anche di formazione e di informazione, e le sue positive ricadute sulla personalità infantile e giovanile. Chi legge e ama leggere realizza la sua umanità profonda, allarga i suoi orizzonti cognitivi, arricchisce lessico e vocabolario, matura spirito critico e autonomia di giudizio, affina il senso estetico, concorre a costruire una società migliore.

 

Nella società telematica e dei social, la letteratura per l’infanzia è rimasta sempre uguale a se stessa o ha subito trasformazioni? Se sì, ci dica quali.

Oggi la letteratura per l’infanzia si trova in una situazione di competizione ma anche di complementarietà e di possibile alleanza con i media, e soprattutto con internet, che sponsorizza libri, rende accessibili testi, propone letture ad alta voce e cartoon. Stante la familiarità delle giovanissime generazioni con i media, la scrittura per ragazzi si è trovata (da tempo) quasi costretta a focalizzare l’attenzione su temi emergenti, spesso adultistici, diffusi dalla TV o circolanti in rete, a velocizzare i ritmi narrativi, ad adottare un linguaggio relativamente semplificato, affine a quello della comunicazione mediatica, fatto di frasi brevi e di punti fermi. Ed anche a realizzare racconti di respiro relativamente limitato, non potendo prescindere dalla tendenza giovanile ad una lettura rapida e frammentata. Dall’interazione libro-media è nato il fenomeno della crossmedialità: frequenti i libri che nascono a posteriori di un formato audiovisivo (cartoon o videogioco ), mentre un tempo era il libro a venire trasposto in immagini in movimento. Conseguentemente un medesimo prodotto narrativo può essere contemporaneamente o in momenti diversi libro, film, cartoon, giornalino, fumetto, videogioco. Negli ultimi anni il fenomeno della presenza nel libro per ragazzi di temi scabrosi, attinenti soprattutto la sfera della sessualità, si è attenuato, data la concorrenza di internet, attraverso il quale il bambino/adolescente può soddisfare ogni curiosità in materia.

 

Ci vuole parlare del suo approccio alla disciplina?

Io provengo dal mondo della scuola. Prima di approdare all’università sono stato giovanissimo maestro professore di scuola media e direttore didattico per 25 anni. Per effetto di queste mie esperienze e del contatto col bambino reale, nel mio approccio alla disciplina privilegio, accanto al versante storico, l’ottica socio-psico pedagogica e didattica, attenta al destinatario della comunicazione narrativa e ai possibili esiti delle letture sulla sua personalità. In altri termini, cerco di conferire alla mia critica un taglio professionalizzante per gli insegnanti e i bibliotecari e orientante per i genitori, suggerendo idonei itinerari educativi e didattici da percorrere per appassionare i giovanissimi alla lettura. Mio intento è anche acuire sensibilità e maturare consapevolezze su problematiche pedagogiche e psicologiche attinenti il libro e la lettura.

 

Ci sono altri approcci che si differenziano dal suo?

Certamente: trattandosi di disciplina che si pone nel punto di intersezione di più saperi, può venire avvicinata da una pluralità di angoli prospettici: storici, letterari, filologici, sociologici, antropologici, semiotici… Premesso che ogni approccio è legittimo e culturalmente arricchente, sono dell’avviso che un accostamento critico al libro per l’infanzia sorretto da competenze socio-psico-pedagogiche e didattiche sia necessario se non obbligato allorché si hanno come interlocutori persone investite a vario titolo di compiti e responsabilità educative. E che sia comunque imprescindibile nei corsi di laurea in Scienze della formazione primaria e in Scienze dell’educazione, in cui si formano futuri insegnanti ed educatori. A lungo sono prevalsi approcci storici e socio-letterari, spesso condizionati dall’ideologia, e comunque più concentrati sul libro (e sull’autore) che sul lettore. Oggi mi sembra di cogliere positivamente nella nuova critica del libro per ragazzi una maggiore curvatura sul versante pedagogico, mentre quello psicologico appare ancora trascurato, anche a ragione della scarsità di studiosi dotati di specifiche competenze che si dedicano alla disciplina con questo particolare taglio.

 

Oltre agli studi scientifici (manuali, monografie sulla lettura, sul pregiudizio, sul gioco…) Lei ha assunto la guida della rivista “Pagine Giovani”, co-fondata da un decano della letteratura ragazzi in Italia come Domenico Volpi. Ci parli brevemente della rivista e delle peculiarità che la caratterizzano.

“Pagine giovani” è nata nel 1977 per iniziativa di un gruppo di scrittori per ragazzi e di studiosi (tra i quali Domenico Volpi), accomunati da una condivisa visione pedagogico-valoriale: convinti cioè che il libro per ragazzi, oltre ad appassionare e a incentivare a ulteriori letture, deve anche concorrere a migliorare il singolo e di conseguenza la società. Ha quindi costantemente profuso il suo impegno nella promozione della lettura (anche organizzando capillarmente sul territorio nazionale seguitissimi “Incontri con l’autore”) e nella valorizzazione di libri di qualità estetico-letteraria e di spessore educativo/formativo, capaci di conciliare cioè la dimensione del piacere con più ampie finalità formative. Il suo impegno e la sua mission, insieme al suo carattere di indipendenza, possono riassumersi in queste parole di Domenico Volpi, decano della letteratura giovanile, co-fondatore e protagonista  fino ad oggi, alla veneranda età di 96 anni, della rivista: “Ringrazio la Provvidenza che mi ha consentito di esprimere i miei pensieri liberamente, senza costrizioni, censure o timori, non avendo nulla né da guadagnare né da perdere in termini di carriere o di poltrone. Ho lottato lietamente tutta la vita per una comunicazione che fosse chiara, dignitosa e rispettosa della personalità del lettore sia nella forma che nei contenuti”.

(da sx: Domenico Volpi, Cosimo Rodia, Angelo Nobile)

 

Esiste una linea di continuità tra la sua Direzione e quella dei suoi fondatori?

La rivista si è recentemente rinnovata nella veste editoriale e ha acquisito un abito più rigoroso, dotandosi anche di un qualificato comitato scientifico e assicurandosi la collaborazione di eminenti studiosi, ma si è mantenuta fedele allo spirito e all’originaria vocazione dei suoi padri fondatori. Pubblica scelti articoli, corposi inserti monografici (tutti sottoposti a referaggio), segnala libri per ragazzi e saggi per educatori attraverso schede e recensioni, organizza importanti convegni. Sempre nel segno della continuità, si caratterizza per l’assenza di pubblicità, a garanzia della sua assoluta indipendenza di giudizio e dell’assenza di qualsiasi condizionamento. Oggi come ieri, rappresenta una voce non allineata, rifuggente da mode, conformismi e unanimismi, capace all’occorrenza di andare controcorrente rispetto a tesi, indirizzi di scrittura e politiche editoriali non condivise. In questi giorni ha ottenuto dall’Anvur l’ambìto riconoscimento di rivista “scientifica”, sinonimo di qualità.

Dopo la dolorosa cessazione di “LG Argomenti”, nel 2017, è la più antica e longeva rivista specializzata di letteratura giovanile tuttora edita in Italia.

 

C’è qualcosa che non torna. Ci sono circa mezzo milione di insegnanti nella scuola italiana, poi, quando un grande editore propone una novità editoriale lo lancia con poche migliaia di copie, molte delle quali sono ritirate dal mercato dopo pochi mesi. Ma chi legge? Qual è il ruolo delle altre agenzie educative nel diffondere il piacere della lettura?

Hai sollevato un grande e annoso problema. Molti insegnanti, molti libri a disposizione, un’infinità di nuovi titoli, ma pochi lettori, ad onta della diffusa e ormai universale alfabetizzazione. Molti aspirano a scrivere, pochi leggono. Vengono stampati sempre nuovi libri, ma le tirature sono basse, indice della scarsa fiducia degli editori nella capacità di assorbimento del mercato. E i titoli hanno vita effimera: dopo pochi mesi vengono tolti dai cataloghi e i libri invenduti spesso sono inviati al macero. Per giunta l’Italia quanto alla pratica della lettura si colloca nel fanalino di coda rispetto ad altre nazioni di più avanzata civiltà del libro. Le cause sono molte e complesse, certo non riassumibili in poche righe. Spesso le famiglie e gli stessi insegnanti non testimoniano il loro amore per il libro, e quindi fanno venire meno l’efficacia dell’esempio. Ma sarebbe semplicistico e anche ingeneroso attribuire la responsabilità della crisi endemica della lettura unicamente alla scuola e alla famiglia, dipendendo la stessa da un complesso concorso di fattori. Certamente le tradizionali agenzie educative: famiglia, scuola, biblioteche… incidono poco sulla creazione di lettori “forti”, e tanto meno i media e i social, costitutivi della cosiddetta “scuola parallela”, che anzi offrono modalità e opportunità di utilizzo del tempo libero spesso alternative alla lettura. Ma il discorso ci porterebbe lontano.

 

Ci saluti con un auspicio.

Gli auspici che sono tentato di formulare sono molti. Uno li riassume tutti: che si affermi e sia condivisa ad ogni livello della stratificazione sociale una cultura dell’infanzia, pensosa della sua armonica formazione, alla quale il libro, promosso in ogni ambiente di vita del bambino, può apportare un contributo rilevante, di concerto con un mondo massmediatico convertito a criteri di intenzionalità educativa.

Un secondo auspicio connesso al precedente: che gli editori non perseguano unicamente finalità commerciali, si sottraggano all’ossessiva corsa al profitto e al fatturato e pubblichino libri di qualità, non seriali né omologati, che nell’appassionare il giovane lettore alla pagina scritta lo aiutino nel suo processo di crescita umana, sociale e civile, a vantaggio del singolo e della collettività.

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