Il volo alto della libellula, Marianna Filomarino di Gabriella Russo, Europa edizioni, 2021
di Anna Rita Merico
Camminando per le strade dei decumani di Napoli, tra i palazzi storici, si nota Palazzo Filomarino.
Storia complessa quella della famiglia aristocratica dei Filomarino. Nel 1799 Ascanio e Clemente Filomarino, aristocratici liberali, vengono catturati ed uccisi da lazzari contrari alle idee rivoluzionarie che, dalla Francia, dilagavano in Europa in nome di cambiamenti politici che chiedevano il passaggio epocale dalla Monarchia alla Repubblica.
Una nuova classe di intellettuali meridionali sostenne la nascita della Repubblica Partenopea del 1799: cinque mesi di governo liberale cui, al rientro dei Borboni, seguì una dura restaurazione. Piazza Mercato divenne teatro di decapitazioni per un’intera generazione di Illuminati del Sud Italia.
Gabriella Russo segue un filo rosso che lega il suo paese, Cutrofiano, alla vicenda storica napoletana. Uno storico palazzo del centro di Cutrofiano ha solleticato da sempre la Sua curiosità che, sin da bambina, si poneva domande sulla storia della “principessa” che lo aveva abitato. Marianna Filomarino, moglie di Ascanio, viene tragicamente coinvolta negli eventi storici napoletani. Marianna decide di recarsi, dopo il tragico evento, nelle tenute di Terra d’Otranto, nel suo feudo di cui ella è Marchesa e Principessa a partire dai diversi assi ereditari. Sarà lei, Marianna Filomarino, a volere il progetto di risanamento e bonifica di terreni paludosi a Salice Salentino: di ciò Gabriella Russo ne tratta a partire da fonti documentarie.
Eventi storici e finzione letteraria si accavallano con leggerezza e ottimo incastro narrativo in tutto il romanzo. L’Autrice rende conto di un’esistenza femminile avventurosa e piena. Un’esistenza spesa all’interno di un Meridione morso dai lenti passaggi tra regime feudale, dai mutamenti apportati dal regime murattiano, intenta nella difesa delle proprietà, una vita affettiva ricca. Tutto ciò fa della nobildonna un personaggio interessante che, grazie alla scrittura di Gabriella Russo, riprende fattezze e consono spazio narrativo all’interno della memoria non solo della Comunità di Cutrofiano ma di tutti noi, attenti alla storia del Meridione in epoca moderna.
Marianna viene collocata in un preciso periodo temporale, gli anni dal 1799 al 1802: anni storici cruciali. Anni che vanno dal termine della Rivoluzione Partenopea alla restaurazione borbonica, all’arrivo delle truppe napoleoniche. Attraverso ricordi e salti di memoria, Marianna fa capolino dalle pagine del romanzo, riattraversa la storia della sua formazione a Napoli sino ad immergerla nelle sue “andate” per le campagne siticulose e pietrose di un Salento in cui uomo e natura si fronteggiavano. Le parti descrittive del romanzo si snodano con una freschezza che ricorda la pittura paesaggistica di fine ‘800. Non solo luoghi ma, anche personaggi, stuolo e ruolo della servitù che avanza come in un presepe napoletano in cui animali, espressioni, mercato, abbigliamento, gesti dicono di un’epoca.
L’Autrice si pone al centro di una ricerca narrativa che è, anche, ricerca iconografica la quale colloca al centro l’elemento della luce come presenza ricca e parlante di un territorio in cui il Palazzo Filomarino è immerso. Il suo primo incontro sarà con Preziosa, figura che attraverserà l’intera narrazione. Indimenticabili le pagine che la tratteggiano mischiandola ai suoi saperi legati alle erbe, ad una esistenza in cui una forte femminilità andava a coniugarsi con la ribellione alla madre soletina, alle regole di vita cui le ragazze dovevano sottostare. Preziosa, personaggio tragico a causa dell’incoscienza nel saper gestire quel “fuori misura” dell’essere donna in una piccola comunità di due secoli orsono.
All’apertura del sipario, Marianna deve farsi forza per affrontare ciò da cui era stata costretta a rinunciare: Napoli, con le sue architetture e i suoi sfarzi. Ora Marianna è nel palazzo di Cutrofiano in un luogo che non la fa sentire, inizialmente, a casa. Il nuovo, necessario matrimonio di Marianna fa da sfondo alle prime vicende narrate. Bellissimo l’uso di termini dialettali che si innestano nelle pagine, rendendo ancora più incisivo l’affresco d’epoca. Stanze interne e luoghi esterni si colmano di parole desuete che accompagnano come colori su ricche tavolozze cromatiche. L’occhio di Preziosa, intanto, girovaga osservando la novità che accompagna l’arrivo di Marianna in un luogo così poco avvezzo ai mutamenti. Preziose, in quel periodo storico, erano le intellettuali europee, soprattutto francesi, amanti delle lettere, maestre di conversazione e delle regole utili a tenere nelle giuste distanze il corteggiamento e le emozioni amorose a partire dalla gestione di salotti da cui partiva diffusione di un modo altro di intendere la politica e un nuovo modo d’intendere relazioni tra sessi e ruolo femminile. La Preziosa del romanzo è, invece, una rustica consapevole del proprio volere e della propria arte, con un’idea acerba di libertà, un personaggio a tutto tondo che l’Autrice ci dona. È Preziosa a fare da tramite tra il mondo civile che Marianna coltiva e la magia selvatica delle terre salentine da cui Preziosa viene leggera come radice interrata in credenze antiche.
Pietro d’Aragona, nuovo marito di Marianna è attento all’ascolto durante le conversazioni. Bellissima la narrazione di quanto avvenuto nel Palazzo Filomarino di Napoli durante i concitati eventi, la fede di Ascanio nella ragione s’infrange con la violenza lazzara che nulla sa di Montesquieu e Rousseau. Con Pietro, finalmente, Marianna si riappropria del proprio dolore per quanto vissuto a Napoli.
Il desiderio di recarsi, nonostante gravida, nei possedimenti a nord di Lecce, consente a Marianna di vedere fame e miseria tra la gente che lavorava nelle tenute feudali. Marianna ne resta sconvolta, iniziano le vicende legate alle bonifiche, Marianna si muove in nome di un forte senso di giustizia, nei fatti agisce come una riformatrice.
Una piacevolissima struttura narrativa accompagna l’intero svolgersi delle vicende sino alla fine del romanzo. Accattivanti i passaggi di registro linguistico (corredati da un glossario), utile il richiamo alle fonti storiche, ritmo elegante nei passaggi da narrazione storica a finzione letteraria, colte le descrizioni degli interni e vivide le immagini del territorio tratteggiato nella sua struttura feudale, nei suoi vuoti, nella vita che attornia i voleri di un ceto aristocratico. Passaggi di memoria per un’intera comunità. Una chiusa che sa di misura gentile per un animo provato, il richiamo ad una pietas in grado di lavare amarezze e di ricongiungere ad un’esistenza la cui coralità è ritmo pieno di questa elegante narrazione.
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