01. Commentiamo: RAFFAELE CARRIERI

di Cosimo Rodia

 

Pietà cuori duri

 

Pietà, pietà cuori duri

Pietà per l’uccello migratorio

Che ha perduto un’ala in volo.

Pietà per l’orfano gitano

Che s’è giocato a carte

Sella e cavallo

Suicida in una prigione.

Pietà per il giovane Nessuno

Ucciso in Cina

O un qualsiasi altro luogo

Clima razza condizione.

Pietà per chi muore all’impiedi

Dentro una camera d’affitto.

Pietà per chi cade

Pietà per chi si lascia cadere.

Pietà, pietà cuori duri

Voi che siete sempre seduti

E apprendete dai giornali

La morte degli altri.

(Il trovatore, Mondadori)

Un testo che invita apertamente ad essere migliori, con versi che traducano un sentimento autentico.

Carrieri (1905-1984) registra un mondo diviso in due schiere, da una parte le persone che soffrono e muoiono, dall’altra quelle persone che scoprono le sofferenze solo sui giornali, stando seduti. Così, il poeta è indignato dai cuori duri, seduti in salotto e si rivolge a loro invocando pietà per ogni forma di dolore.

Sono versi semplici, secchi con cui Carrieri pronuncia un’aperta accusa, sottolineando che senza pietà gli uomini viaggiano verso la rovina.

La sofferenza dovrebbe indurci alla pietà, ragion per cui non dovrebbero lasciare indifferente: l’uccello migratorio che non raggiunge la sua meta (come non pensare alle migliaia di migranti nelle loro tragiche peripezie?); lo zingaro sbandato che per i suoi errori finisce suicida in carcere; le vittime della violenza di cui non sappiamo nulla (Nessuno); le persone sole che forse si impiccano per la disperazione (chi muore all’impiedi); i disperati (chi si lascia cadere).

Il vero uomo, allora, è colui il quale di fronte alle miserie umane, prova pietà, unica condizione per non perdere l’humanitas.

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