Tramonti di Cosimo Rodia, Artebaria

di Giulia Notarangelo

 

Immediatezza, spontaneità, ricercatezza, semplicità, corporeità, urgenza di comunicare. Queste le caratteristiche di questa poesia al primo impatto.

Una poesia concreta che urge, che scalpita, che freme, che incalza, che assedia, che accerchia, che cerca il suo spazio. Incisivi i frammenti. L’autore si confida con naturalezza e si lascia andare al turbinio delle sue emozioni, coinvolgendo il lettore.

Echi di Montale nella serie dei “non” (Da regalare non ho, p.53). C’è una precisa conoscenza della psiche femminile a cui il poeta rende continuamente omaggio (Il declino dell’Occidente, p.48).

Poesia a metà strada tra il religioso ed il sociale (Sono fuggito, p.52). Profonda comprensione dell’animo umano (Tempra l’anima, p.46). Il deserto come metafora della voglia di infinito e del suo “e il naufragar…”.

Molto, tanto, mare, per lo più in tempesta o in tormenta. Il poeta combatte la solitudine, l’indifferenza ed il conformismo e si tiene lontano dal coro. Ed in questo suo “essere” ci si ritrova appieno.

C’è anche il gusto dell’anafora (Vorrei, Da regalare non ho), come se si volesse a tutti i costi puntellare e fissare ciò che si va affermando. Il poeta è un in/canta/tore. Deliziosi i frammenti che danno l’idea degli haiku, (p.30-34).

È, quella di Cosimo Rodia, una poesia che risente del paesaggio e lo umanizza: ”i miei occhi dei calanchi irraggiungibili”, le mani “conchiglia di acqua sorgiva”.

C’è una sorta di reificazione della parola che ci rende nell’immediato l’immagine di ciò che il poeta viene cantando o meglio vuole esprimere. Una poesia che cattura e che si fa amare.

 

Lascia un commento