Gabbie di Guido Quarzo e Anna Vivarelli, Uovonero, 2022

di Cosimo Rodia

 

Riconoscerei la narrazione della Vivarelli tra tante; questa volta, la scrittrice torinese, con un pari collaboratore, ha licenziato “Gabbie”, un romanzo plurigenere, com’è nelle corde di entrambi gli autori: un giallo, per la parte maggiorente, ma anche romanzo storico, sociale e di costume.

Una storia avvincente, che, negli ultimi due terzi del libro, affattura il lettore.

Il plot. Siamo a Torino, nel 1879, la comunità scientifica dell’Accademia delle Scienze decide di premiare Charles Darwin, così si scatena una lotta tra darwinisti e antidarwinisti.

In questa discussione senza esclusioni di colpi, viene ucciso uno dei professori sostenitore dello scienziato evoluzionista, trovato morto proprio nell’Accademia, abbracciato ad una scimmia.

Contestualmente scompaiono dei libri rari dagli scaffali, per essere venduti al mercato nero.

Dalla disputa accademica esce una pista per il movente del delitto. Il caso è affidato ad un Ispettore tanto bravo quanto odiato, perché burbero e con non pochi pregiudizi.

Ma è Stefano, un ragazzo autistico, a sussurrare a modo suo la soluzione del caso, avvenuto per ragioni ben più prosaiche.

Nella narrazione, troviamo un nugolo di personaggi e tant’altri temi che arricchiscono la storia. In primis, Stefano, figlio dell’alta borghesia cittadina, rinchiuso nella struttura ospedaliera della Certosa di Collegno (chiusa nel 1978, probabilmente dopo la legge Basaglia, che poneva fine alla segregazione delle persone con problemi di salute mentale), perché affetto da disturbi dello spettro autistico, quando ancora la malattia doveva essere diagnosticata; sicchè, per mera ignoranza l’ispettore si permette di maltrattare il ragazzo, oppure la famiglia di nascondere il figlio alla vista della società, o di procedere a facili generalizzazioni: di ‘pazzo’ da emarginare. Gli Autori, al contrario, offrono una strada da seguire di fronte a soggetti con tale fragilità: l’amorevolezza e l’ascolto, atteggiamenti sintetizzati nel comportamento della cameriere Lisa, dello zio e della scienziata Ida.

Gabbie è pure un romanzo storico e di costume, allorquando vengono sciorinati nella narrazione ambienti, modi di pensare, preconcetti, il contrasto tra scienza e religione.

Non manca, lo spazio concesso ai nobili sentimenti umani, ovvero l’amore e l’amicizia. Il sentimento che sboccia tra l’austero direttore Bonaccorsi e Ida Stoppani, gli approcci ora velati ora manifesti, diventano paradigmatici di un sentimento senza il quale la vita sarebbe senza colore. E l’amicizia tra Stefano e Lisa: pura, senza interessi, motivante, costituisce uno slancio umano che permette di sperare che ci sia ancora posto per l’humanitas.

Naturalmente la dimensione poliziesca, con indagini, ricerca di indizi, deduzioni, costituisce una parte avvincente del romanzo, capace di scatenare l’effetto diegetico nel lettore. E per rimanere nella tradizione del giallo ad enigma, i vari indizi che il lettore si trova di fronte vengono scompigliati dal colpo di scena.

In alcuni momenti sembra che prevalga un giallo psicologico, allorché si dà conto del carattere e delle relazioni dei personaggi. Si pensi, ad esempio, all’ispettore Curlini che pur capace nel condurre le indagini, risulta essere un eroe negativo, per i traumi pregressi che condizionano le sue relazioni.

Infine, un altro aspetto qualificante del romanzo è la commistione tra personaggi inventati e quelli veramente esistiti, il cui miscuglio attribuisce alla narrazione un brio di autenticità, da ammaliare non poco il lettore.

Lo stile degli autori è veramente apprezzabile. La narrazione è fatta di descrizioni rapide (mai si indugia su una scena), di capitoli brevi, di essenzialità, di dialoghi serrati, tanto da rendere il libro uno strumento piacevolissimo di lettura e un formidabile elemento di riflessione sulla realtà sociale, spesso mascherata o ingabbiata in stereotipi che non possono non originare verità fallaci.

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