Il limite dell’ecologia di superficie è, per l’appunto, quello di non essere risolutiva. Prendiamo, ad esempio, il problema energetico: «supponiamo che la produzione industriale e i consumi di energia aumentino con legge esponenziale con un tempo di raddoppio di venti anni. Facciamo poi l’ipotesi di ottenere un risultato eccezionale, cioè di diminuire il consumo di energia per unità di prodotto del 50%: ciò significa consumare la metà di oggi per ottenere la stessa produzione industriale. In tal caso per venti anni il consumo energetico resta lo stesso, e poi riprende a salire […]. Abbiamo soltanto guadagnato venti anni per ritrovarci gli stessi problemi. La vera causa dei guai è il tabù della crescita». Per l’ecologia profonda, invece, è chiaro che «non possiamo non vivere in condizioni stazionarie, perché questo è l’unico modo di funzionare della Biosfera». Alla domanda sul perché il dramma ecologico è nato proprio nella cultura occidentale, l’autore risponde chiamando sul banco degli imputati sia il paradigma filosofico (Cartesio e il meccanicismo) e quello scientifico (Bacone e Newton e il materialismo), che si sono affermati tre secoli fa, dando luogo alla rivoluzione industriale, sia la religione giudaico-cristiana, che ha trovato nell’Antico Testamento la sua fonte ispiratrice e che ha finito per favorire quel processo. Dalla Casa ha cura di precisare che «con cultura “ebraico-cristiana” si intende indicare la tradizione quale si è sviluppata negli ultimi quindici secoli dando luogo alla civiltà occidentale, senza assolutamente convalidare l’idea che questa cultura si sia ispirata all’insegnamento di Cristo. Al contrario, l’insegnamento di Cristo ha contestato profondamente e radicalmente le concezioni del Vecchio Testamento: la prova più evidente è che Egli fu condannato a morte proprio per questo […]. L’insegnamento di Cristo assomiglia molto alle filosofie di derivazione orientale, con le quali ha in comune idee fondamentali, come l’accettazione, il distacco dalle cose del mondo, l’amore universale, l’inutilità delle istituzioni». Dalla Casa imputa infatti – e crediamo non a torto – alle religioni del libro (giudaismo, cristianesimo, islamismo), che propongono un’idea di un Dio personale ed esterno al mondo, di non avere alcuna considerazione per il mondo naturale, di essere antropocentriche, a differenza di altre religioni in linea con l’ecologia profonda come il Taoismo e il Buddismo, che non contemplano un Dio-persona, oppure come le culture native, che considerano la divinità immanente alla Natura. Dopo quattro anni dall’ultima edizione aggiornata de L’ecologia profonda, è stata pubblicata nel giugno 2015 l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, che obiettivamente rappresenta una lodevole svolta nell’atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti del mondo naturale (preceduta invero da vari spunti e passi, soprattutto della Centesimus annus di Giovanni Paolo II e della Spe salvi di Benedetto XVI). A questo proposito concordiamo con quanto osservato da Dalla Casa: «L’Enciclica contiene importantissime condanne della crescita economica e dell’impiego dei combustibili fossili, ma condanna ancora una volta il controllo delle nascite e il Biocentrismo (nessuna idea di Ecocentrismo), inoltre non fa quasi nessun accenno alla sofferenza degli altri esseri senzienti. In sostanza contiene pesanti contraddizioni interne, pur costituendo una notevole novità nella storia della Chiesa, perché riconosce finalmente una certa spiritualità anche al mondo naturale. Da parte delle altre religioni abramitiche: silenzio.» (Il coronavirus e il mondo nuovo, 20/03/2020, in rassegna stampa dell’Arianna editrice). Effettivamente, l’Enciclica ha il grosso limite di condannare ancora una volta il controllo delle nascite. Contrariamente a quanto si afferma nel paragrafo 50 dell’enciclica, non si possono risolvere i problemi dei poveri e pensare ad un mondo diverso, se non si riduce drasticamente la natalità, se non si prendono adeguati provvedimenti internazionali di contenimento dell’abnorme crescita demografica. L’impatto ambientale infatti è dato da tre fattori concorrenti: popolazione, produzione e tecnologia. Ora, per poterlo ridurre efficacemente, occorre intervenire necessariamente su tutt’e tre i fattori, cioè sul numero degli uomini, sulla quantità di beni prodotti e sul modo in cui i beni sono prodotti. All’obiezione che l’ecologia profonda non avrebbe pratica efficacia, così risponde Dalla Casa: «L’ecologia profonda è un sistema di pensiero: non richiede azioni drastiche o violente né dimostrazioni plateali. Un movimento si ispira all’ecologia profonda se ne segue la radicalità del pensiero e intacca alla radice gli attuali fondamenti culturali, non se compie azioni fanatiche o di rottura. Non si può comunque dimenticare che per modificare il sottofondo filosofico del pensiero generale e quindi l’atteggiamento verso la Natura occorrono tempi lunghi». Che fare, dunque? L’azione più utile resta quella di diffondere il più possibile le idee dell’ecologia profonda, contrastando le idee dominanti, «magari col sorriso» e confidando che cambi il prima possibile il paradigma su cui si regge la nostra civiltà.
Il limite dell’ecologia di superficie è, per l’appunto, quello di non essere risolutiva. Prendiamo, ad esempio, il problema energetico: «supponiamo che la produzione industriale e i consumi di energia aumentino con legge esponenziale con un tempo di raddoppio di venti anni. Facciamo poi l’ipotesi di ottenere un risultato eccezionale, cioè di diminuire il consumo di energia per unità di prodotto del 50%: ciò significa consumare la metà di oggi per ottenere la stessa produzione industriale. In tal caso per venti anni il consumo energetico resta lo stesso, e poi riprende a salire […]. Abbiamo soltanto guadagnato venti anni per ritrovarci gli stessi problemi. La vera causa dei guai è il tabù della crescita». Per l’ecologia profonda, invece, è chiaro che «non possiamo non vivere in condizioni stazionarie, perché questo è l’unico modo di funzionare della Biosfera». Alla domanda sul perché il dramma ecologico è nato proprio nella cultura occidentale, l’autore risponde chiamando sul banco degli imputati sia il paradigma filosofico (Cartesio e il meccanicismo) e quello scientifico (Bacone e Newton e il materialismo), che si sono affermati tre secoli fa, dando luogo alla rivoluzione industriale, sia la religione giudaico-cristiana, che ha trovato nell’Antico Testamento la sua fonte ispiratrice e che ha finito per favorire quel processo. Dalla Casa ha cura di precisare che «con cultura “ebraico-cristiana” si intende indicare la tradizione quale si è sviluppata negli ultimi quindici secoli dando luogo alla civiltà occidentale, senza assolutamente convalidare l’idea che questa cultura si sia ispirata all’insegnamento di Cristo. Al contrario, l’insegnamento di Cristo ha contestato profondamente e radicalmente le concezioni del Vecchio Testamento: la prova più evidente è che Egli fu condannato a morte proprio per questo […]. L’insegnamento di Cristo assomiglia molto alle filosofie di derivazione orientale, con le quali ha in comune idee fondamentali, come l’accettazione, il distacco dalle cose del mondo, l’amore universale, l’inutilità delle istituzioni». Dalla Casa imputa infatti – e crediamo non a torto – alle religioni del libro (giudaismo, cristianesimo, islamismo), che propongono un’idea di un Dio personale ed esterno al mondo, di non avere alcuna considerazione per il mondo naturale, di essere antropocentriche, a differenza di altre religioni in linea con l’ecologia profonda come il Taoismo e il Buddismo, che non contemplano un Dio-persona, oppure come le culture native, che considerano la divinità immanente alla Natura. Dopo quattro anni dall’ultima edizione aggiornata de L’ecologia profonda, è stata pubblicata nel giugno 2015 l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, che obiettivamente rappresenta una lodevole svolta nell’atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti del mondo naturale (preceduta invero da vari spunti e passi, soprattutto della Centesimus annus di Giovanni Paolo II e della Spe salvi di Benedetto XVI). A questo proposito concordiamo con quanto osservato da Dalla Casa: «L’Enciclica contiene importantissime condanne della crescita economica e dell’impiego dei combustibili fossili, ma condanna ancora una volta il controllo delle nascite e il Biocentrismo (nessuna idea di Ecocentrismo), inoltre non fa quasi nessun accenno alla sofferenza degli altri esseri senzienti. In sostanza contiene pesanti contraddizioni interne, pur costituendo una notevole novità nella storia della Chiesa, perché riconosce finalmente una certa spiritualità anche al mondo naturale. Da parte delle altre religioni abramitiche: silenzio.» (Il coronavirus e il mondo nuovo, 20/03/2020, in rassegna stampa dell’Arianna editrice). Effettivamente, l’Enciclica ha il grosso limite di condannare ancora una volta il controllo delle nascite. Contrariamente a quanto si afferma nel paragrafo 50 dell’enciclica, non si possono risolvere i problemi dei poveri e pensare ad un mondo diverso, se non si riduce drasticamente la natalità, se non si prendono adeguati provvedimenti internazionali di contenimento dell’abnorme crescita demografica. L’impatto ambientale infatti è dato da tre fattori concorrenti: popolazione, produzione e tecnologia. Ora, per poterlo ridurre efficacemente, occorre intervenire necessariamente su tutt’e tre i fattori, cioè sul numero degli uomini, sulla quantità di beni prodotti e sul modo in cui i beni sono prodotti. All’obiezione che l’ecologia profonda non avrebbe pratica efficacia, così risponde Dalla Casa: «L’ecologia profonda è un sistema di pensiero: non richiede azioni drastiche o violente né dimostrazioni plateali. Un movimento si ispira all’ecologia profonda se ne segue la radicalità del pensiero e intacca alla radice gli attuali fondamenti culturali, non se compie azioni fanatiche o di rottura. Non si può comunque dimenticare che per modificare il sottofondo filosofico del pensiero generale e quindi l’atteggiamento verso la Natura occorrono tempi lunghi». Che fare, dunque? L’azione più utile resta quella di diffondere il più possibile le idee dell’ecologia profonda, contrastando le idee dominanti, «magari col sorriso» e confidando che cambi il prima possibile il paradigma su cui si regge la nostra civiltà.