Gesti lievi di David La Mantia, Il Leggio, 2022
di Maria Pia Latorre
“Mi sono sempre chiesta, ogni volta che mi accade di leggere una prefazione, perché si usi parlare della poetica dell’autore, e delle poesie della cui raccolta si tratta, e non di lui stesso”, con queste parole prende l’abbrivio la Prefazione, a cura di Marilina Giaquinta, del volume Gesti lievi, ultimo impegno poetico di David La Mantia, pubblicato nel 2022, da Il Leggio Libreria Editrice di Chioggia (VE).
“Noi siamo quello che scriviamo. E scriviamo quello che siamo”, continua la prefatrice, considerando che questo vale in misura maggiore per David, la cui parola è scorciatoia del cuore che arriva direttamente all’essenza della vita e delle cose come sua naturale estensione.
La sensibilità e generosità di David La Mantia fa da solida spalla alla saggezza e verità (se di verità si può parlare) della sua parola poetica, che assume in questa silloge un registro quotidiano, colloquiale, delicato e struggente, per raccontarci le cose della vita.
L’autore rifugge dalla poesia “presuntuosa/ che semina aggettivi come fossero/ ingressi a sette segrete”, ma a chi legge serve aggettivare per avvicinare, per aprirsi al dialogo interpretativo e comunicativo con il poeta; dunque per me dire che le parole di David sono quotidiane significa che sono con me/con noi, ci camminano accanto nelle nostre giornate; affermare che sono colloquiali significa che non si ergono mai su un piedistallo, ma sono di quella grandezza pura che non si preoccupa di sé e quindi è aperta al confronto; riconoscere che sono delicate significa dare atto del fatto che si muovono sempre rispettose della vita propria e altrui; appellarle struggenti è esclamazione della commozione che esse suscitano. Così vorrei continuare con una lunga serie di aggettivazioni per accorciare le distanze tra me e la poesia lamantiana, ma mi astengo per non annoiare troppo.
La silloge, che ha per sottotitolo “L’amore, se te ne accorgi”, appare compatta, con poesie senza titoli, che non superano quasi mai le poche decine di versi, spesso in deca-endecasillabi o contenenti all’interno degli haiku. Essa si appoggia per prendere respiro su pagine con spazi bianchi e riflessioni a fondo pagina, e tre eserghi interni di Roberto Roversi, Umberto Fiori e Antonio Prete.
Nella prima riflessione-intermezzo David si chiede se la poesia possa avere ancora senso, oggi. La sua risposta è convintamente affermativa, a patto che essa impari a “stringere mani, strappare abbracci, sporcarsi di fango e inzupparsi di pioggia”. Una poesia coinvolta nella carne, non ai margini, pronta a impegnare le mani coi colori e la polpa della vita, a inciampare cadere e rialzarsi, a non smettere mai di credere nelle convinzioni che reggono le esistenze, a chiudere in un bunker a doppia mandata la parola “rassegnazione”.
Le poesie viaggiano “con zaini e libri” in immagini momenti avvenimenti situazioni del quotidiano, rielaborazioni in riflessioni che David riesce a rendere, poi, in parole cariche di pathos e di intima pietas.
Nei versi spesso a parlare è la natura; fatta di cieli e piogge, quasi bucolica, una natura che sostiene il dolore interiore dell’autore e che si trasfigura metaforicamente nella riproduzione di interiorità svelate.
Il poeta, consapevolmente, denuncia il fallimento del post-moderno che ci attanaglia, che ci vuole ingabbiare, spersonalizzare, irregimentare, anestetizzare. Non a caso ricorre ad una fauna “alternativa”, fatta in prevalenza di mosche (occorrenza che compare per cinque volte nella silloge), zecche, vermi, topi, formiche, acari e un gatto davanti ad una lavatrice. Egli, dunque, non ci sta a rassegnarsi e ci propone una soluzione: l’amore. Ora sta a noi accorgercene e accogliere.
Così forte in lui la carica persuasiva e lo slancio di comunanza e solidarietà verso gli amici e la più varia umanità (non considerata come consorzio umano ma quasi come estensionale parentale) da portarlo spesso all’uso dell’imperativo e dell’infinito, modi che hanno il sapore di monito e abbraccio protettivo, ma mai avvertiti come imposizione, tanto materna è la voce del poeta.
Gesti lievi è un libro di vita, dove la vita si apprezza per contrasto, o come ha espresso splendidamente Marilina Giaquinta, litote della morte; ed è, difatti, il termine morte altra occorrenza nella silloge, comparendo per nove volte.
Ma ciò su cui vorrei soffermarmi è la riflessione su un’altra occorrenza, che compare per ben ventitrè volte, la parola “mani” (da cui il titolo della silloge), alle quali aggiungere le otto volte in cui compaiono le parole “dita” e “maniglia”. Consapevolezza o no, questo aspetto ci dà la misura di quanto per il poeta la concretezza sia importante.
Ho verificato che David carica di più significati la parola “mani”; a volte esse scorrono in un uso comune e agiscono nel setting domestico, a volte rimandano ad un momento psichico antico: “quando ero bambino, avevo timore/ delle mani grandi che abitavano/ anni impossibili”. È immediato l’accostamento a Quarto stato e alle innumerevoli mani che emergono dalle prime file del corteo, a cui Pellizza da Volpedo ha affidato il compito di denunciare gridare rivendicare.
Le mani non solo sono sineddoche, usate, quindi, come parte per il tutto, ma più spesso sono origine del verso: “le nostre mani/ si limiteranno a ricordare/ i colori, la nostalgia del sole”; e iperbole: “tienilo stretto nelle mani”; si fanno invenzione: “ridare senso alle dita”; rammemorazione: “ricorda le mani che ti strinsero” che subito dopo si fanno messaggio: “rendile di tutti”; racconto: “avanzando … con le mani… al buio”; modalità d’azione: “seppellire i mali una mano alla volta”; metafora: “vivere è avere le tue mani al collo… vivere è volere morto quel dolore eterno”.
Tanta la bellezza in questa silloge.
Da scoprire piano piano. A mano a mano – è il caso di dire – che lo sfogliare e sfogliare delle pagine si fa gesto sacro di amicizia.
I molti enjambement (non entro nel recente dibattito sul loro valore simbolico) e le paranomasie ci avvicinano sfacciatamente alla simpatia di David, alla sua toscanità che mai straborda e che traspare con “gesti lievi”.
Buona lettura.
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