Dove nessuno vive di Massimiliano Marrani, i Quaderni del Bardo Edizioni, 2023

Redazione

 

È stato pubblicato per i Quaderni del Bardo Edizioni la raccolta di Massimiliano Marrani “Dove nessuno vive”.

La forza poetica dell’autore risiede nella capacità di dipingere, in maniera iperrealistica e al contempo simbolica, una realtà urbana o meta urbana, priva di orpelli, essenziale e amara.  I componimenti di questa raccolta, in cui convivono un raffinato linguaggio e la rappresentazione di immagini crudamente veritiere, Marrani consegue l’abilità di trasfigurare, così come nella sua pratica pittorica, una realtà resa più autentica e svelata nella sua nudità grazie all’intervento totale nell’estetica del ritmo. Tale risultato si inscrive in un vasto e articolato quadro surrealista, o forse post-umano, in cui il sogno funge da strumento per rivelare gli strati nascosti e sotterranei della vita umana.

 

È la casa in cui nessuno viaggia

nessuno veglia.

Il corridoio è un punto,

lo sgocciolio nel gabinetto

il suo battito.

A intervalli regolari il vussch

della fiamma pilota nella caldaia

incrina la lamiera contro

il giardino buio sul retro.

Il gorgheggio di un merlo comune.

Sembra il pigolio di un bambino

lasciato nel nido, annuncia

il rituale della tosse, l’abluzione

di un altro mattino sulla Terra.

Qui, i fratelli tornano da morti

a ricordarci che adesso

tocca a noi consolare chi resta.

Che la madre, fu sì la stessa

ma molti i semi attecchiti

nei vasi, negli orti, nei campi

da cui ora spuntano

i suoi capelli bianchi.

 

I loro corpi, assemblati male,

come appena incollati,

si siedono alla vecchia tavola

ad occupare i posti di Natale

e a turno, sulla seggiola a dondolo

tornano a fare i giullari.

Vogliono parlare.

Parlare del passato, loro

che vengono dal nostro futuro,

con indosso ancora i pigiami dell’ospedale

macchiati come tavole di Rorschach.

È la casa perpetua della madre.

Della mia, della vostra,

dell’inverno che prolifera

nell’umidore dell’estate

quando nell’atmosfera vola alto

il volume del televisore.

E all’amore,

che fummo programmati a dare,

gli oggetti gli oppongono

lo stolido rango del soprammobile,

il loro incantesimo fossile

il calco del silenzio

rancoroso dell’umiliato.

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