Un ecologista ante litteram? (parte prima)

di Sandro Marano

 

Tra i precursori dell’ecologismo può annoverarsi Federico Nietzsche? Il quesito a tutta prima potrebbe sembrare gratuito, o peggio, suonare come un omaggio alle mode culturali.

Certamente il filosofo dell’eterno ritorno amava passeggiare in solitudine tra i boschi, nelle vallate incontaminate dell’Engadina o lungo la riviera ligure tra Santa Margherita e Rapallo. Non scriveva egli forse che «quando sull’orizzonte della propria vita non si hanno linee fisse e serene, simili a linee di monti e di boschi, la stessa intima volontà dell’uomo diventa inquieta, distratta e bramosa come la natura del cittadino; non ha felicità, non dà felicità»? (1) E nemmeno si peritava di dare indicazioni dietetiche: «Restare seduti il meno possibile, non prestar fede a nessun pensiero che non sia nato all’aperto e in movimento» (2). Inoltre apprezzava e praticava la frugalità: «Chi poco possiede tanto meno è posseduto» (3),  e avversava il lavoro meccanico, ripetitivo, esercitato senza intima soddisfazione: «che cosa distrugge più in fretta che lavorare, pensare, sentire senza un’intima necessità, senza una scelta profondamente personale, senza gusto?» (4). D’altra parte, il filosofo non tollerava le sevizie contro gli animali. Anche, al di là dell’episodio di Torino in cui abbracciò il cavallo fustigato dal vetturino e che fu messo in conto del suo ottenebramento, Zarathustra dialoga ed è accompagnato da due animali, il serpente e l’aquila, il cui significato simbolico (l’astuzia e la solitaria fierezza) è abbastanza chiaro.

Basta questa sensibilità a farne un ecologista? Evidentemente no.

Sennonché, indagando le fonti e i fondamenti filosofici dell’ecologismo, non tarderemo ad accorgerci che più d’un filo lega il pensiero “verde” a quel filone di pensiero che va sotto il nome di vitalismo o irrazionalismo, di cui Nietzsche insieme a Schopenhauer è senz’altro il maggior esponente. Il pensiero moderno da Cartesio a Kant fino all’idealismo e alla stessa fenomenologia aveva posto al centro del reale l’uomo, battendo in breccia la tradizionale concezione mediterranea del “fuori da sé”, del riconoscimento di una realtà oggettiva fuori della coscienza umana. Il vitalismo, di contro, capovolge questa visione antropocentrica,  in parte professata pure dal cristianesimo, per affermare, o meglio, per riaffermare l’identità di uomo e mondo, elaborare una nuova filosofia della natura di carattere cosmologico, proclamare l’innocenza del divenire, come si esprimerà per l’appunto Nietzsche.  «Il carattere complessivo del mondo è caos per tutta l’eternità,non nel senso di un difetto di necessità, ma di un difetto di ordine, articolazione, forma, bellezza, sapienza, e di tutto quanto sia espressione delle nostre estetiche nature umane» (5). E riprendendo spunti presenti nella mistica, in Scoto Eriugena, in alcuni filosofi del Rinascimento come Leone Ebreo e in Spinoza, Nietzsche afferma che «tutte le cose sono incatenate, annodate, legate dall’amore» (6).

Se l’affermazione umanistica sembra accompagnarsi alla necessità di piegare la Natura vivente alle esigenze della produzione e dell’economia, la fede dionisiaca professata da Nietzsche sembra invece suggerire con consapevolezza che ciò che l’uomo fa alla Natura lo fa a se stesso e che «apparteniamo ad un’epoca la cui civiltà corre il rischio di essere distrutta dai mezzi della civiltà» (7). «Restate fedeli alla terra», proclama il filosofo dell’eterno ritorno e ammonisce: «oggi oltraggiare la terra è quanto vi sia di più terribile» (8).

Ora, che cos’è l’ecologismo nella sua essenza se non un appassionato processo alla modernità e ai suoi miti, primo fra tutti quello del progresso? Che cos’è l’ecologismo se non una critica alla società opulenta, all’industrialismo, allo sviluppo indiscriminato? Una ripresa di valori quali la sobrietà e il senso del sacro che la società della tecnica ignora e disprezza? E non si interroga l’ecologismo, con profonda inquietudine, sul destino della nostra civiltà? Non vuole ridisegnare il rapporto tra uomo e mondo? Non postula una nuova organicità, un bisogno di unità col mondo?

D’altronde, il fatto che «da un punto di vista dei valori l’ecologismo è compreso tra risacralizzazione e naturalismo, tra spiritualismo e materialismo, sovente mediati da un panteismo naturalistico» (9), si accorda perfettamente alla filosofia di Nietzsche, che oscilla tra scetticismo e metafisica, tra naturalità e spiritualità.

Da questo punto di vista il vitalismo di Nietzsche può considerarsi senza dubbio il prologo dell’ecologismo. La sua visione dionisiaca della vita e il carattere naturalistico e cosmologico della sua filosofia, che si traducono «nella fede che soltanto sia biasimevole quel che sta separato, che ogni cosa si redima e si affermi nel tutto» (10), possono non a torto considerarsi la risposta di Nietzsche al disagio della civiltà moderna.

Qual è infatti l’elemento che fa da ponte tra il pensatore dell’eterno ritorno e i nuovi filosofi della natura? A nostro avviso, questo elemento è dato dal Romanticismo. Il movimento romantico testimonia infatti drammaticamente la rottura dell’unità tra mondo e uomo ad opera dell’industrializzazione e del pensiero razionalista e scientifico. Vita e pensiero si mostrano nella loro antinomia. Si cerca di cogliere l’infinito nel finito. Non c’è più alcun accordo tra Dio uomo e natura, com’era proprio nel mondo antico e medievale. C’è però nel contempo un disperato bisogno di riannodare il filo spezzato. L’uomo romantico, chiosa lo scrittore francese Drieu La Rochelle, è «ossessionato dal dispiacere di non poter essere altro che razionalista e di non poter diventare solidamente un mistico» (11).

Se è vero che la filosofia di Nietzsche è «la filosofia di un grande romantico» (12), non è meno vero che «nel suo complesso, l’ecologismo è un tipo di risposta neoromantica al disagio dell’Occidente» (13).

 

 

NOTE

  • Nietzsche, Umano, troppo umano, I, af. 290;
  • Nietzsche, Ecce homo, p. 54;
  • Nietzsche, Così parlò Zarathustra, p. 52;
  • Nietzsche, L’Anticristo, p.32;
  • Nietzsche, La gaia scienza, af.109;
  • Nietzsche, Così parlò Zarathustra, p. 279;
  • Nietzsche, Umano, troppo umano, I, af. 520;
  • Nietzsche, Così parlò Zarathustra, prologo, p. 19-20;
  • Veneziani, Processo all’occidente, p. 105;
  • Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, p. 128;
  • P: Drieu La Rochelle, Appunti per comprendere il secolo, 40;
  • Abbagnano, Storia della filosofia, III vol., p. 377;
  • Veneziani, op. cit., p. 118.
 

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