Cuore nero di Silvia Avallone, Rizzoli, 2024

di Fulvia Degl’Innocenti

 

Quando leggiamo nella cronaca casi di delitti efferati, il cordoglio e l’umana pietà si indirizzano sempre alle vittime e ai loro familiari: l’omicida è il bersaglio del nostro disprezzo, per noi è solo un mostro. Entrare nel cuore, “nero”, come recita il titolo del romanzo (edito da Rizzoli e vincitore del premio Elsa Morante), è invece l’intento di Silvia Avallone, che rende protagonista di una storia non solo di redenzione, ma di un vero recupero della dignità di essere umano, e in quanto tale degno di amore, una giovane donna, Emilia.

Quale sia la macchia inconfessabile del suo passato lo scopriamo solo alla fine: di lei sappiamo che, dopo un lungo periodo lontano dal mondo, torna libera e decide di cominciare una nuova vita in una frazione di montagna nel Biellese, dove trascorreva le vacanze da bambina, una frazione nel frattempo abbandonata, in cui risiedono solo due uomini: un vecchio restauratore e Bruno, incapace di una vita normale dopo che ha perso i genitori, quando era ancora un bambino, nel crollo di una funivia. Emilia è selvaggia, aggressiva, confusa, impaurita, l’unica certezza è la presenza del padre, che non le ha mai fatto mancare il sostegno e l’affetto.

Nelle storie di Bruno ed Emilia ci sono gli echi di tanti fatti di cronaca nera (dal caso di Erika e Omar alla tragedia del Mottarone, solo per citarne due), di cui conosciamo i dettagli più atroci ma ignoriamo che ne sia stato dei sopravvissuti. Perché tali sono, sia le vittime sia gli assassini. E in quel luogo dimenticato in cui hanno cercato rifugio, Emilia e Bruno si trovano, si riconoscono, si innamorano, illudendosi di poter tenere lontano il passato.

Un romanzo che prova a calarsi nell’anima di chi incarna il male per seguirne le evoluzioni: la sofferenza che c’è dietro un gesto criminale, il disorientamento che genera il sentirsi una reietta, il ruolo delle figure adulte di riferimento nella possibilità di riorientare una vita distrutta, le dinamiche in un carcere minorile. Un romanzo crudo, che non fa sconti, ma che non rinuncia a credere che per tutti possa esserci un’altra possibilità, a patto che si arrivi, in primis, a perdonare sé stessi. Consolatorio, forse, ma autenticamente cristiano nel suo messaggio di speranza.

 

(Già pubblicato di FC del 12 maggio 2024)

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