La mia Africa di Karen Blixen, Feltrinelli, 2009
di Claudia Zuccarini

Doveva essere una gran donna la Blixen. Di nazionalità danese, visse fino al ’31 in una fattoria dentro una piantagione di caffè sugli altipiani del Ngong. La permanenza in Kenya all’inizio del XX secolo la condusse a produrre un’opera autobiografica tra le più memorabili della letteratura internazionale, un capolavoro. Pubblicato nel 1937, è stato tradotto in molte lingue. Celebre fu nel 1985 il soggetto cinematografico tratto dal libro, con Meryl Streep e Robert Redford, pluripremiato  con sette Oscar.
Questo romanzo è talmente suggestivo, carico di una capacità descrittiva minuta e rara, da sentirsi in Africa e da osservare lo splendido paesaggio dipinto, insieme alle tribù indigene, attraverso gli occhi dell’autrice. Si apprezza più di tutto la distanza dell’autrice dai giudizi morali, tipici degli europei, nel vivere ed amare una terra arcana e ospitale a suo modo. Dispiace separarsi dalla fattoria della Blixen tanto quanto lei, quando ha dovuto dire addio all’Africa.

“I bianchi cercano in tutti i modi di proteggersi dall’ignoto e dagli assalti del fato; l’indigeno, invece, considera il destino un amico, perché è nelle sue mani da sempre; per lui, in un certo senso, è la sua casa, l’oscurità familiare della capanna, il solco profondo delle sue radici”.

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