La protest song italiana: Mogol-Battisti
di Sandro Marano
Se volessimo tracciare una storia della canzone italiana nel Novecento dal punto di vista ecologista, non c’è dubbio che un posto di primo spetterebbe alla poesia cantata di Mogol e Battisti.
L’interesse di Mogol per i temi ambientali risale almeno alla prima metà degli anni ’60. Il 1966 in particolare, che è poi l’anno dell’incontro di Lucio Battisti con Mogol e della nascita del loro sodalizio, «è l’anno dell’ascesa del beat e della legittimazione dei complessi a Sanremo, ma anche l’anno di una coscienza critica nella canzone, ispirata alla protest song americana e mossa dall’esigenza di smarcarsi dai temi sbarazzini. La linea gialla, espressa in un manifesto firmato, tra gli altri, da Luigi Tenco, Lucio Dalla e Sergio Badotti, sostiene la necessità di veicolare argomenti forti come il pacifismo, la guerra in Vietnam e la libertà di espressione; la linea verde invece, con Mogol in prima fila, ribadisce la fratellanza, l’amicizia, l’ecologia e l’ambiente» (Donato Zoppo, Il nostro caro Lucio, Hoepli, 2018).
Lo spirito ecologista di Mogol e di Battisti si esprime non solo nelle canzoni, ma anche in progetti di vita realizzati insieme come l’epica cavalcata di circa 600 km da Milano a Roma da loro compiuta nel giugno 1970 lungo stradine e sentieri segnati sulle mappe militari.
Il settimanale TV sorrisi e canzoni a partire da domenica 21 giugno ospitò tre puntate dedicate alla cavalcata ecologica scritte dallo stesso Lucio Battisti. Il primo articolo comincia così: «Finalmente andiamo da Milano a Roma, a cavallo. Io e Giulio Rapetti, detto Mogol. L’idea è di qualche anno fa e l’ebbe Giulio, il teorico del nostro gruppo. Inutile dire che fu accolta da grande entusiasmo».
Nel reportage per il settimanale si parla, come riporta Donato Zoppo, «di coste ancora non invase dai villeggianti e campagne brulle, di profumi e colori ignoti alle città, di cieli stellati e pasti consumati all’ombra dei boschi, di incontri con contadini e ragazze, volti di un’Italia che sta per scomparire, per soccombere a quel materialismo che Mogol considera l’antitesi dell’amore».
Il frutto di questa esperienza di immersione nella natura, di un vero e proprio ritorno alle emozioni naturali contro quelle artificiali indotte dalle droghe, è un capolavoro, è una canzone simbolo, Emozioni. Ricordiamo l’incipit: «Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi Ritrovarsi a volare E sdraiarsi felice sopra l’erba ad ascoltare Un sottile dispiacere E di notte passare con lo sguardo la collina per scoprire Dove il sole va a dormire Domandarsi perché quando cade la tristezza In fondo al cuore Come la neve non fa rumore». E il ritornello dice: «Capire tu non puoi Tu chiamale se vuoi emozioni».
Così Battisti illustra la genesi di questa meravigliosa canzone, pubblicata come disco singolo il 15 ottobre 1970 e poi nel dicembre dello stesso anno nell’omonimo album: «Emozioni l’’ho scritta subito dopo il viaggio a cavallo Milano-Roma e vi ho messo quella tensione intima, quei passaggi bruschi, sospesi in aria, per esprimere meglio il senso di scoperta, di stupore, di libertà che provammo io e Mogol avventurandoci per prati, colline e fiumi, come se vedessimo la natura per la prima volta».
Sono dunque Giulio e Lucio, un poeta e un musicista ad interpretare per primi le istanze ecologiste che andavano affiorando nel corso degli anni ’70. Non è un caso che proprio nel 1972 vedeva la luce I limiti dello sviluppo, un rapporto commissionato da Aurelio Peccei e dal Club di Roma ad alcuni scienziati del MIT (Massachusetts Institute of Technology), in cui per la prima volta con un linguaggio scientifico-matematico si dimostrava in modo inequivocabile quali sarebbero state le conseguenze se fosse continuata una crescita economica e demografica su un pianeta dalle risorse limitate.
Nel 1973, durante la prima crisi energetica mondiale, esce Il nostro caro angelo, un album dove ci sono tre capolavori: Ma è un canto brasileiro, La collina dei ciliegi e Il nostro caro angelo, e in cui ricorrono i tipici temi di Mogol della natura contro la cultura, della forza delle costrizioni sociali e religiose, del consumismo che deteriora i rapporti tra uomo e donna.
In una delle canzoni dell’album, Ma è un canto brasileiro, Battisti e Mogol puntano il dito contro la dilagante e pervasiva pubblicità, che è il vero motore dell’attuale modello di società, e contro i suoi effetti deleteri, soprattutto contro la mercificazione del corpo femminile.
La canzone comincia con la voce in sordina, quasi bisbigliata, per poi continuare con parole e musica e con un crescendo fino al ritornello «Oh no! Ah ma è un canto brasileiro» affidato al coro, che pare sottintendere la inutilità di ogni denuncia, che non fa presa né sulle masse né sui governanti. Ecco l’incipit: «Io non ti voglio più vedere, mi fai tanto male Con quel sorriso professionale Sopra a un cartellone di sei metri Od attaccata sopra a tutti i vetri Non ti voglio più vedere, cara, Mentre sorseggi un’aranciata amara Con l’espressione estasiata Di chi ha raggiunto finalmente un traguardo nella vita Io non ti voglio più vedere sul muro davanti ad un bucato Dove qualcuno c’ha disegnato pornografia a buon mercato».
L’ultimo album di Battisti e Mogol, prima che si consumi il loro silenzioso distacco e prendano strade diverse, è Una giornata uggiosa del 1980. Nella canzone che dà il titolo all’album Battisti si chiede che colore abbia una giornata uggiosa e canta: «Sogno il mio paese infine dignitoso / e un fiume con i pesci vivi a un’ora dalla casa / di non sognare la Nuovissima Zelanda / Per fuggire via da te Brianza velenosa./ Ma che colore ha una giornata uggiosa? /Ma che sapore ha una vita mal spesa?».
Qualche anno prima, il 10 luglio 1976, era avvenuto nell’azienda svizzera ICMESA uno dei più gravi incidenti industriali, noto come il disastro di Seveso, con la fuoriuscita e la dispersione nell’atmosfera di una nube di diossina, una sostanza tossica e cancerogena che si riversò su una vasta area contaminando i terreni della bassa Brianza e in particolare del comune di Seveso.
Con Una giornata uggiosa sembra calare il sipario su un’epoca di lotte e di speranze. Giulio e Lucio sembrano rifugiarsi nel sogno. È forse una resa? No, certamente. Ma comincia allora senza dubbio un riflusso nel privato. E in Battisti la ricerca interiore si sposerà alla riconsiderazione critica del proprio percorso di vita.
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