L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello di Oliver Sacks, Adelphi, 2001

di Claudia Zuccarini 

 

Neurologo, docente universitario e scrittore venuto a mancare nel 2015, Sacks improntò i suoi scritti sullo studio dei disturbi neurologici. Tra le sue opere note ricordiamo Risvegli, che divenne soggetto di un famoso film con lo stesso titolo.

L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello è una piacevole raccolta di “case study”, inerenti i disturbi derivati da danni ai lobi temporali.

È apprezzabile l’approccio di Sacks: per lui i pazienti non sono meri numeri su cartelle cliniche, ma persone curate nella loro interezza morale e umana. Dietro ogni paziente sussiste non solo una storia personale che non compare nelle classiche anamnesi mediche, ma anche una ricca potenzialità peculiare. La menomazione, e di conseguenza il deficit, dei pazienti di questo illuminato medico viene osservata nell’ottica di una compensazione positiva. Sembra che l’autore si chieda sempre: “Cosa possiamo fare per aiutare questi pazienti a vivere bene con se stessi?”

L’idea olistica di integrazione necessaria tra psiche e fisiologia – che spesso è venuta a mancare nella medicina moderna – è fortemente incoraggiata e portata avanti dall’autore come fruttuosa strada per stabilire l’opportuna terapia da offrire ai pazienti. Siamo un tutto e non porta molto lontano il “frazionamento” fisico ai quali sono soggetti i pazienti, curati in modo settoriale e senza tener conto della globalità del vissuto degli stessi. È questo il fiore all’occhiello di un saggio che porta a riflettere e rimettersi in discussione. Laddove intravediamo solo deficit e privazioni, vi sono enormi qualità caratterizzanti l’individuo, qualità che esulano dai canoni dell’intelligenza sociale e cognitiva dei “normodotati”.

 

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