Quando gli alberi erano miei fratelli di Guglielmo Aprile, Tabula fati, 2024

Redazione

 

Questa raccolta si snoda intorno a un unico filo conduttore, perseguito con coerenza tanto a livello tematico che stilistico: il rapporto dell’uomo con gli alberi, esplorato nei suoi ramificati legami con il mito e con la storia delle religioni, si fa spunto per un viaggio lirico nell’universo vegetale, alla ricerca di un’intima comunione tra l’io e lo spirito vivente che pervade boschi e campagne e che in foglie, radici e fili d’erba palpita. Gli alberi si elevano così a confidenti fraterni e privilegiati, complici di un’avventura esistenziale, testimoni di un dialogo accorato, colmo di nostalgia e deferenza, che l’anima intrattiene con i rappresentanti della loro famiglia: camminando in luoghi appartati, la loro presenza può ancora dare l’illusione di essere vicini ad epifanie e rivelazioni, resuscitando almeno in parte il sentimento primordiale di una consonanza profonda tra l’individuo e la natura.

 

La compagnia dell’albero

Parlami, albero, dimmi chi sei,

e di che enigmi teneri e solenni

si fa la tua mente verde custode;

che sogni concepisci, quale pena

quando viene la sera sembra scuotere

i tuoi rami, quale ansia li tormenta

come corpi tremanti; e quali mondi

di cui ignoriamo l’esistenza visiti

quando il soffio che sale da ponente

ti consegna le melodie e i profumi

di un luogo caro e mai dimenticato;

non temere, saprò esserti complice,

non renderò partecipe nessuno

se non il vento della confessione

che mi porta il brusio delle tue foglie;

e forse apparirà la solitudine

a entrambi dolce, se sediamo accanto

in silenzio su un prato: impareremo

ad amarla perfino, a preferirla

ad ogni compagnia che non sia quella

delle ombre dei rami e delle nuvole.

 

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