Confronto su cosa sia la poesia

di Sandro Marano

 

Maria Pia Latorre, poetessa, scrittrice per ragazzi e curatrice di antologie poetiche e narrative, ha pubblicato su Finestre del 10 gennaio 2025 un piccolo e denso saggio sul valore della poesia intitolato “Perché oggi la poesia”.

Ad una prima lettura la ricca messe di autori citati potrebbe distoglierci da quelle che sono le tesi proprie dell’autrice. Ma ad una lettura più attenta si intravede la sua volontà di ricercare non tanto una definizione della poesia, ma il perché si fa poesia, soprattutto oggi che i social sembrano il veicolo più diffuso tra le giovani generazioni.

Scrive la Latorre, e concordiamo con lei, che sono “tantissime le definizioni di poesia date nel tempo; e ve ne sono innumerevoli per ogni poeta transitato sul pianeta. Sappiamo bene che avanzare una definizione di poesia è impraticabile, poiché essa sarebbe talmente generica da perdere di ogni significato”.

“Eppure – prosegue l’autrice – ogni poeta s’interroga, si arrovella alla ricerca della sua propria definizione, perché attraverso quella sintetica definizione vivrà un passaggio nodale per costruirsi il proprio autoritratto di uomo di parola”.

La definizione di poesia, dunque, è sempre relativa al contesto storico e alla biografia del poeta. La definizione che la Latorre stessa azzarda è che “la poesia è ciò che anela la sintesi”. E qui registriamo una straordinaria consonanza col pensiero di Pound che osservava come la poesia “è la forma più sintetica di espressione verbale”.

Ma come mai oggi c’è un vero boom di poeti (o presunti tali), anche grazie, come si diceva, all’uso dei social?

Scrive la Latorre: “Oggidì stiamo assistendo al fenomeno del proliferare della scrittura poetica soprattutto nella fascia dei giovani adulti, cosa che merita massima attenzione. Se apriamo un qualsiasi social ci imbattiamo in tanta poesia (anche di qualità) che si muove spesso in ambito personalistico (…) È poesia o si tratta di altro? Purtroppo dobbiamo mettere anche in conto che si tratti di forme di narcisismo più o meno celato”.

Osserviamo a questo proposito che le parole sono uno degli elementi dell’espressione, ma senz’altro quello più generale, perché legato al nostro bisogno di comunicare (necessità, impulsi, stati d’animo, idee, ecc.). Questo produce la falsa convinzione che la poesia non è un’arte difficile, che basti attendere “l’ispirazione”(!), senza curarsi troppo di conoscere ed analizzare né la storia letteraria né le tecniche proprie di questa arte.

Personalmente confesso d’essere preso dalla nausea di fronte alla massa dei versificatori e cattivi poeti. Per dirla con Nicolás Gómez Dávila: “la lettura dei poetastri figurerà tra i supplizi dell’Inferno”.

Per spiegare oggi il boom della poesia la Latorre fa due diverse osservazioni, che però non si escludono. La prima può apparire  provocatoria, ma è senz’altro calzante: “a ben guardare ciò assolve anche ad un bisogno innato nell’uomo che è quello della riproduzione, per cui grazie ai social, oggi, non è più necessario mettere al mondo dei figli perché si mette al mondo se stessi sulla scena del mondo. Purtroppo, triste ammetterlo, ma per molti la poesia è questo: un’autoriproduzione di sé; colta, alta, estetica quanto vogliamo, ma equivalente esattamente ad un selfie”.

L’altra osservazione invece sembra giustificare in qualche modo il fenomeno: “il boom della poesia che stiamo vivendo oggi è la risposta più immediata all’alienazione della società (da quella industriale in poi) perché il testo poetico è un prodotto che non è sotto il controllo della razionalità”. E qui non possiamo non osservare la strana contraddizione di chi trova in un mezzo tecnologico, quali sono i social, la possibile via d’uscita all’alienazione prodotta da quella civiltà industriale che li ha inventati.

“Una poesia ed un selfie ci salveranno la vita?”, si chiede in conclusione l’autrice. La risposta che dà, se non abbiamo male inteso, è che scrivere versi risponde  in ogni caso ad una logica della gratuità, o se si preferisce dell’inutilità, che contrasta con quella “imprenditoriale” volta all’efficienza e al profitto. I poeti, purché autentici aggiungiamo, possono allora diventare “semi sparsi nel vento della verità”.

 

 

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