(Seconda Parte)

L’origine sportiva dello Stato di José Ortega y Gasset, SE, 2019.

di Sandro Marano

 

In questa sede ci soffermeremo brevemente sui due saggi di filosofia politica presenti nel volume: L’interpretazione bellica della storia e L’origine sportiva dello Stato, che dà il nome alla raccolta.

 

La critica all’interpretazione marxista della storia

Nel saggio intitolato L’interpretazione bellica della storia, Ortega y Gasset contrappone all’interpretazione economica della storia, che è senza dubbio una delle grandi idee dell’Ottocento, una  propria interpretazione, per l’appunto bellica, che si riferisce non al racconto delle battaglie (come era consuetudine della storiografia prima di Marx),  ma al modo di fare la guerra e alla sua influenza sulla struttura della vita in ogni epoca.

Il filosofo spagnolo riconosce volentieri a Marx di aver dimostrato come «l’insieme dei fatti umani non è un semplice andirivieni di fatti suscitati dal caso ma che sotto  questa apparenza (…) la vita storica ha una struttura, una legge profonda che la dirige inesorabilmente». Tuttavia questa interpretazione, egli notava, era unilaterale ed eccessiva, poiché il fattore economico diventava «l’unica autentica realtà storica e si avviliva il resto – diritto, arte, scienza, religione – come mera soprastruttura, semplice riflesso, proiezione dell’interna meccanica economica». A ciò si aggiunga che questa interpretazione può valere sicuramente per l’età moderna, ma non per tutte le età, non avendo per altre età il fattore economico lo stesso peso.

L’interpretazione di Ortega y Gasset, che ha in comune con quella di Marx la convinzione che la realtà storica è lotta, muove da una osservazione di Aristotele, tratta da La politica,  secondo cui «in ogni stato il sovrano è il combattente e quelli che hanno le armi partecipano del potere».

E qui il filosofo spagnolo per illustrare la sua tesi si serve di vari esempi tratti dalla storia antica, come l’invenzione della falange nell’antica Grecia, che consentì a questo popolo così poco numeroso di battere, grazie all’ordine e alla coesione sociale che essa presuppone, uno degli eserciti più forti e temuti del tempo, quello dei Persiani. Così l’idea di Temistocle di armare una grande flotta, contando necessariamente per il suo funzionamento su uomini dei ceti inferiori, non solo assicurò la vittoria a Platea, ma portò ad un’enorme trasformazione nella politica ateniese dando vita alla sua democrazia.

Ortega y Gasset poi mette in risalto  anche la differenza col Medioevo: «Allo stesso modo in cui la democrazia suppone il servizio militare generalizzato, l’aristocrazia deve fare un privilegio del combattere (…) Il Medioevo fu di costituzione aristocratica finché seppe conservare gelosamente per pochi questo privilegio del pericolo e dell’offesa. Di qui il culto della guerra del signore medievale».

 

Lavoro e sport

Nel saggio L’origine sportiva dello Stato Ortega y Gasset comincia col distinguere due attività nella vita umana, quella rappresentata dal lavoro che è uno sforzo obbligato che le necessità della vita ci impongono, e lo sport che invece è uno sforzo che facciamo per il semplice piacere di farlo. La vita, secondo Ortega y Gasset, ha in quest’ultima attività, che non è legata alle necessità quotidiane, che è spontanea e superflua ed è una «libera espansione di un’energia preesistente», la sua vera consistenza.

All’interpretazione meccanicistica e deterministica dell’evoluzione sociale (come quella marxista che riponeva nella divisione del lavoro e nello sfruttamento di una classe sulle altre l’origine dello Stato) Ortega y Gasset, ispirandosi alle tesi del filosofo francese Henri Bergson, contrappone l’idea di un’evoluzione creatrice, spontanea, che prescinda dalla stretta utilità: «Una volta fatto l’occhio, le leggi dell’ottica si compiono nella visione, ma con le leggi fisiche non si fa un occhio. A Descartes che sosteneva la natura meccanica dei corpi vivi, già Cristina di Svezia aveva detto che “ella non aveva mai visto che il suo orologio avesse dato alla luce degli orologini”».

È proprio questa energia spontanea e lussureggiante della vita a far provare, in quei tempi che definiamo preistorici, ai giovani cacciatori che vivono ancora in orde, da un lato repulsione per le donne consanguinee con cui convivono e dall’altro una fantastica attrazione per le donne sconosciute che vivono in altre orde. Ed allora che fanno? Le rapiscono.

È quanto adombrato nella leggenda del ratto delle Sabine compiuto da Romolo e dai suoi compagni.  Perfino «nei riti matrimoniali di Roma perdurò la traccia del ratto originario, visto che, come si sa, la sposa entrando in casa del marito non usava i suoi piedi ma questo la prendeva in braccio perché non calpestasse la soglia, simboleggiando così che era stata rapita».

Sennonché, «per rubare bisogna combattere, e nasce la guerra come mezzo a servizio dell’amore. Ma la guerra suscita un capo e richiede una disciplina: con la guerra ispirata dall’amore sorgono, l’autorità, la legge e la struttura sociale».

L’esogamia, la guerra, la disciplina, l’organizzazione militare e l’autorità, tutto questo insieme «è la genesi storica e razionale dello Stato. (…) Non sono stati l’operaio, né l’intellettuale né il sacerdote, propriamente detto, a iniziare il grande processo politico; è stata la gioventù preoccupata delle donne e decisa a combattere; sono stati l’amatore, il guerriero e lo sportivo».

Il saggio, di piacevolissima lettura, è peraltro ricco di varie annotazioni, anche linguistiche, e dà importanza a due fattori solitamente trascurati nella storiografia, ma, a nostro avviso, imprescindibili, che sono l’età e i sessi.

Alla luce di questi due fattori l’interpretazione dell’origine sportiva dello Stato, proposta da Ortega y Gasset, non appare più tanto peregrina come poteva sembrare di primo acchito.

 

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