Poesia di Eugenio Montale

Scelta da Barbara Gortan

 

So che un raggio di sole (di Dio?) ancora può incarnarsi se ai piedi della statua

di  Lucrezia (una sera ella si scosse, palpebrò) getti il volto contro il mio.

Qui nell’androne come sui trifogli;

qui sulle scale come là nel palco;

sempre nell’ombra: perché se tu sciogli quel buio la mia rondine sia il falco.

*

Hai dato il mio nome a un albero? Non è poco;

pure non mi rassegno a restar ombra, o tronco, di un abbandono nel suburbio. Io il tuo l’ho dato a un fiume, a un lungo incendio, al crudo gioco della mia sorte, alla fiducia sovrumana con cui parlasti al rospo uscito dalla fogna, senza orrore o pietà o tripudio, al respiro di quel forte e morbido tuo labbro che riesce, nominando, a creare; rospo fiore erba scoglio –

quercia pronta a spiegarsi su di noi quando la pioggia spollina i carnosi petali del trifoglio e il fuoco cresce.

(Da Tutte le poesie, Mondadori, 2017)

 

(In copertina la fotografia di Federico Patellani [particolare])

 

 

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