Io dormo nuda di Loredana Lorusso, Genesi editrice, 2024

di Sandro Marano

 

Loredana Lorusso, biologa e ricercatrice nell’ambito delle Neuroscienze, con Io dormo nuda continua il suo viaggio poetico nell’erotismo dopo la sua prima raccolta di poesie Menù à la carte (Tabula fati, 2022), che era già «un omaggio all’amore visto nelle sue più diverse sfaccettature, dalla sensualità carnale fino alla solitudine, al desiderio di dialogo, alla voglia di tenerezza o alla sofferta mancanza del partner» (Marco Ignazio de Santis).

In questo secondo testo l’amore sessuale è il protagonista esclusivo, tanto da giustificare l’appellativo di “poetessa dell’eros” datole da Daniele Giancane. Fin dal titolo la poetessa non fa mistero dell’argomento e rivendica la libertà di amare, di corteggiare e di godere senza falsi pudori e moralismi. Ché anzi l’eros è una dimensione propria dell’uomo e della donna, che gli altri enti non conoscono: «Cosa ne sa un gatto dell’amore / che miagola alla luna nel chiarore (…) Ed un gabbiano che vola a pelo d’acqua / che cerca a primavera una compagna /Cosa ne può sapere della seduzione / dell’eros che trasuda / di notti di passione»? (Lode).

Sulla magia del sesso ha scritto pagine illuminanti il filosofo tradizionalista Julius Evola. Nelle conclusioni della sua Metafisica del sesso (opera splendida di cui, per inciso, consigliamo la lettura) scriveva: “Il sesso è la più grande forza magica della natura; vi agisce un impulso che adombra il mistero dell’Uno, anche quando quasi tutto, nelle relazioni tra uomo e donna, si degrada in abbracciamenti animali, si sfalda e disperde in sentimentalismi fiacchi e idealizzanti o nel regime addomesticato dei connubi coniugali socialmente autorizzati. (…) E se un qualche riflesso di una trascendenza vissuta si manifesta involontariamente nell’esistenza ordinaria, ciò avviene attraverso il sesso e quando si tratti dell’uomo comune, avviene solo attraverso il sesso. Non coloro che si danno a speculazioni, ad attività intellettuali, sociali e “spirituali”, ma soltanto coloro che si innalzano fino ad un’esperienza eroica o ascetica vanno, a tale riguardo, più in là. Ma per l’umanità comune soltanto il sesso procura, anche se nel rapimento, nel miraggio o nell’oscuro trauma di un istante, delle aperture di là dalla condizionalità dell’esistenza puramente individuale. Questo è il vero fondamento dell’importanza, da nessun altro impulso eguagliata, che amore e sesso hanno avuto e sempre avranno nella vita umana.”

La poetessa, dal suo canto, affonda il suo bisturi poetico sia sul momento aurorale dell’amore, che è il desiderio, sia sul suo apice, che è l’amplesso. E in tutte le composizioni abbondano le metafore, a volte originali, a volte più consuete ma declinate in modo efficace: Il desiderio è “onda”, è “fiamma”, e prendendo in prestito termini della matematica con sottile malizia dice: “Tu stai a X /come caffè a colazione”. E poi: “Sei l’incisore del mio abbozzo cavo”; “io sono il rogo”; “Sarò il tuo pasto  / e tu la mia bevanda”; “Fa di me un’isola / l’Islanda / terra il cui ghiaccio è fuoco”; “Io roccia fessurata / al tuo potente getto intermittente /offro acqua piovana / che nel mio punto caldo si raccoglie”; “Fondimi nel calore /del tuo fiume in piena”; e potremmo continuare a lungo.

Quello che preme qui sottolineare è che non c’è iato tra la fisicità e la “spiritualità” dell’amore sessuale. “Vorrei fare dei versi una collana” da indossare sulla nuda pelle e da far dondolare “intrigante” davanti all’amato, scrive la Lorusso. “Voglio un rossetto rosso sulle labbra / di porpora sfuggito a una conchiglia”. Ed ancora: “Cosa potrò mai darti / che possa avere per te significato? / Le mie fragilità o il passo lento / per te che corri sempre come il vento”. Nella poesia Strip tease invita l’amante a togliersi di dosso “il velo che appassisce lo sguardo / o quella caligine che imbratta quel viso / la cappa pesante che imbavaglia il sorriso”. E nella poesia che dà il titolo alla raccolta scrive: “Io dormo nuda / con ai piedi un gatto / che col suo pelo liscio e vellutato / evoca in me la voglia di peccato”.

La poetessa invita il lettore ad abbandonarsi alla spontaneità e alla potenza dell’eros, finché il suo sguardo “non diventi ascolto”. Sussurri e grida, desideri e fantasie si ricompongono nei versi dove il ritmo è dato dalla prevalenza di settenari e di endecasillabi e dall’uso occasionale ed accorto di rime e assonanze. Certamente non tutte le composizioni della corposa raccolta (circa centoquaranta composizioni!) hanno pari dignità poetica: la quantità, come sempre, può giocare contro la qualità. Ed ovviamente accanto alle poesie più riuscite ce ne sono altre che suonano ripetitive o artificiose. Magari una selezione delle composizioni avrebbe certamente giovato. Ad ogni buon conto, resteranno impresse nella mente del lettore (e forse turberanno i suoi sogni) tante immagini evocative e vigorose.

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