I demoni di Fëdor Dostoevskij

di Sandro Marano

 

Ci guardavamo in cagnesco ogni volta che mi ripromettevo di rileggerlo. E poi ne ero immancabilmente dissuaso. Per la sua mole. Circa novecento pagine. Troppo impegnativa. L’avevo letto intorno ai ventiquattro anni e ne avevo ricavato una profonda impressione: i personaggi ritratti a tutto tondo, le tematiche filosofiche che riconducevano tutte al problema di Dio e al significato dell’esistenza umana, la sua forza narrativa e artistica. Senza contare il suo valore profetico, perché quei fermenti, quei “demoni”, sono più che mai presenti nella nostra società e ne spiegano in buona parte il declino.

Finché mi sono fatto coraggio. L’ho ripreso in mano, ho cominciato a rileggerlo e non sono riuscito più a staccarmene. Ho scoperto perfino qualcosa che nella prima lettura non avevo colto. Ovvero che i maggiori personaggi del romanzo come Stepàn Trofìmovic, Varvàra Petròvna, Stavrogin hanno un lato umoristico. Forse solo Kirillov è troppo serio per farci sorridere.

Ma nemmeno lui sfugge all’ironia del cronista/narratore. Riporto un piccolo passo del loro dialogo, è Kirillov che parla, interrotto dal cronista/narratore:

« (…). Chi saprà vincere la sofferenza e la paura diventerà egli stesso dio. Allora comincerà una nuova vita, un uomo nuovo, tutto sarà nuovo… Allora la storia si dividerà in due epoche: dal gorilla alla distruzione di Dio e dalla distruzione di Dio a…»

«Al gorilla?»

«… alla trasformazione fisica della terra e dell’uomo. L’uomo diventerà dio (…)»

Formidabile. Forse che oggi l’uomo non si crede Dio? E forse tutto quel che succede non gli sta rammentando i suoi limiti? Sto parlando naturalmente de “I demoni” di Fëdor Dostoevskij.

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