Dante. Gioca con i dannati
di Trifone Gargano
Nel corso del 2021, per festeggiare i 700 anni dell’anniversario dantesco, sono stati immessi sul mercato italiano (e mondiale) una molteplicità di prodotti (non esclusi quelli a vocazione pop): saggi, romanzi, gadget, fumetti, gelati, graphic novel, giochi, e tanto altro ancora. Tra i giochi, dunque, segnalo la proposta della casa editrice Giunti, di Firenze, «Dante. Gioca con i dannati». Si tratta di un gioco da tavolo, composto da 50 carte, ideato e scritto da Beniamino Sidoti, illustrato da Roberta Bordone, e con il progetto grafico della copertina realizzato da Stefania Cinotti.
Ciascuna carta è dedicata a un personaggio dell’Inferno dantesco, tra quelli arcinoti, come, per esempio, Paolo Malatesta e Francesca da Rimini, o Farinata degli Uberti, Filippo Argenti, Ulisse, il conte Ugolino, papa Bonifacio VIII, ecc. A quelli meno noti, se non del tutto sconosciuti, al gran pubblico dei lettori di Dante, come, per esempio, Capocchio, Rinieri da Corneto, frate Alberigo, frate Gomita, Lano da Siena, Mosca dei Lamberti, Gianni Schicchi, Alessio Interminelli, Agnello Brunelleschi e Puccio Sciancato.
Per i personaggi poco noti, se non del tutto sconosciuti, che ho appena elencato (presenti nel gioco da tavolo della Giunti), suggerisco di svolgere un gioco con l’utilizzo di una edizione integrale della Divina Commedia, andando a rintracciarli all’interno del testo della prima cantica, leggerne i versi dedicati da Dante a ciascuno di loro, e, magari, ricorrendo all’edizione online dell’Enciclopedia dantesca, leggerne la relativa scheda di presentazione.
Nella confezione del gioco della Giunti, oltre alle 50 carte, il giocatore troverà anche un libretto di istruzioni d’uso, e di proposta delle diverse tipologie di gioco:
Scontro fra dannati
Dannati con ordine
Quante storie!
Indovina questa carta
Una squadra infernale
Dagli antichi ai moderni
Giù all’Inferno
Sei gradi di separazione
Scrivi una poesia
Inventa un contrappasso
La mappa dell’Inferno
La mappa di Dante
Devo dire, in tutta franchezza, che alcuni giochi, tra quelli proposti, risultano piuttosto fiacchi (se non del tutto noiosi); altri, invece, specie quelli che definirei più didattici, tra tutti quelli suggeriti, che appaiono decisamente interessanti, proprio perché attengono alla competenza di scrittura creativa da mettere in campo (mi riferisco, per esempio, al gioco Quante storie!, al gioco Scrivi una poesia, e anche al gioco Inventa un contrappasso).
Le Carte parlanti nella tradizione letteraria italiana
Almeno due casi possono (e devono) essere citati, per il ruolo delle carte nella costruzione di macchiane narrative della nostra tradizione. Mi riferisco, per le Origini, a Pietro Aretino (1492-1556), e alle sue Carte parlanti (1543). Opera in forma di dialogo che, nella sua prima edizione, a Venezia, patria della primissima editoria d’Italia, il titolo completo recitava «Dialogo di Pietro Aretino, nel quale si parla del giuoco con moralità piacevole», già in seconda edizione nel 1545, a testimonianza dell’enorme successo dell’opera, che si segnalò subito per originalità d’impianto e per inventiva. Dopo il successo delle Sei giornate, del 1534, sempre in forma dialogica, per le tematiche relative al sesso e alle scelte educative (due prostitute, infatti, dialogano tra loro sull’educazione da impartire alla figlia di una delle due, analizzando tre diverse ipotesi: moncarla, sposarla, oppure, farla prostituta – cortigiana -), anche in quest’opera il punto di vista di Aretino è parodico, irregolare e provocatorio. Egli, con toni e stili consueti alla sua letteratura (giudicata) irregolare, ma di forte presa popolare, fa il verso alla trattatistica accademica del tempo, e a quella del dialogo d’impianto neo-platonico, così di moda tra fine Quattrocento e prima metà del Cinquecento. Affrontando l’argomento scomodo del gioco e delle carte, Aretino li sdogana, cambiando il punto di vista d’osservazione, assumendo cioè quello dei giocatori. Ne emerge una visione del giuoco, ma anche dell’intera società del tempo del tutto rovesciata, differente e molto più aperta e inclusiva (diremmo, con lessico post-moderno).
L’altro autore, saltando nel Novecento, è Italo Calvino (1923-1985), per il suo Castello dei destini incrociati (1969, edizione Franco Maria Ricci). In questa singolarissima opera narrativa Calvino racconta, attraverso le carte dei tarocchi, un labirinto di storie (sul modello delle Mille e una notte), mettendo in scena la queste dei cavalieri medievali. I tarocchi del Castello richiamano mnemonicamente, per ammissione dello stesso Calvino, i tarocchi miniati per i duchi di Milano, intorno alla metà del XV secolo. Nel 1973, da Einaudi, Calvino ripubblicò Il castello dei destini incrociati associandogli anche il testo de La taverna dei destini incrociati, costruito con lo stesso metodo narrativo, mediante, cioè, l’utilizzo di un mazzo di tarocchi, in questo caso, però, carte popolari, marsigliesi, con suggestioni narrative nuove, rispetto al Castello, e ai tarocchi viscontei. I tarocchi, dunque, come macchina narrativa combinatoria.
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